Sul divano c’è ancora la sagoma incavata del mio corpo; dodici ore di non stop davanti agli esiti delle elezioni, dodici ore di fronte alla televisione, qualcosa che ricordo aver fatto solo l’11 Settembre e poi da piccolo, quando ero malato e rimanevo tutto il giorno davanti a Italia 1.
Quando alle 15:05 i primi exit-poll davano la sinistra vincente di forchette abissali, come Fantozzi che vedeva l’arcangelo Gabriele nei momenti di disperazione, anche io ho avuto le prime allucinazioni. E così quando sono andato a mescolare la pasta che bolliva, alla vista di un piede di bambino che usciva dalla pentola, ho urlato di terrore.
Quando il secondo exit-poll, un’ora dopo, ridava le stesse minacciose forchette, e i portavoce della sinistra parlavano di “trionfo”, ho avuto questa visione: Lenin, Stalin, Prodi, D’Alema e Fassino entravano in salotto e dopo aver visto la mia collezione di Dvd così sancivano:
“Questa è proprietà privata.”
“Questa ricchezza va ridistribuita.”
“Io prendo la quadrilogia di Alien e la distruggo. Sono film colonialisti. E siccome non si sceglie la strada del dialogo con gli alieni insettoidi, e di contro si sceglie sempre il conflitto, direi pure che sono film guerrafondai.”
“Io requisisco tutte le serie di Friends. E’ chiaramente una sit-com borghese in cui la sovrastruttura economica si riduce al nulla di una vita vissuta tra battute, carriera, baci e sesso.”
Dopo altre allucinazioni, tra cui quella terribile di Vladimir Luxuria che si sdraiva nuda (o nudo) sul mio divano, sono arrivate le prime proiezioni elettorali.
Di fronte all’evidenza che i cinque punti erano in realtà uno scarto minimo e dopo la notizia che i festeggiamenti di Prodi, organizzati per le 18:30, sarebbero stati rinviati a ora da definirsi (questa si chiama ” serietà al governo”!!), il sudore freddo si è bloccato e immagini più confortanti hanno segnato la mia non stop elettorale: Pippo e Skizzo, i due gatti di casa Wimbledon, entravano in casa con una mortadella gigante che iniziavano a rosicchiare e ridurre a un mega torsolo rosa. Era una bella metafora.
Si arriva quindi al rush finale, la prima serata che diventa seconda serata e infine si dilunga inesorabile in quella parte del palinsesto chiamata “programmazione notturna”. Alle 22:45 ho questa allucinazione.
Enrico Mentana esce dalla televisione in stile Samara nel film “The Ring”, mi dice:
“La vuoi la torta? La vuoi la torta?” e mi porge una torta bicolore, una metà azzurra e una metà azzurra.
“Sì, grazie. Prendo la metà rossa.”
Dopo un primo morso mi sento stravolto, mi alzo e, dopo essermi guardato allo specchio, ho fatto per urlare; invece della mascella liscia e scavata ho due propaggini di grasso, il mio mento occupa da solo un terzo del viso e sopra le due fessure che ho per occhi ho un paio di grandi occhiali. La mia faccia, nel complesso, è quadrata e, cosa più terribile, invece di urlare mi esce fuori una voce soffocata e lamentosa.
Mi copro il viso con un sacchetto bucato ad altezza occhi e proseguo la maratona in apprensione. Inizio a vedere numeri sulle pareti, i gatti dormono mozzati in due parti esatte e quando sembra che la rimonta alla Camera possa riuscire, il ricordo della partita Milan – Lione si fonde con le elezioni in questo modo: Casini, terzino sinistro, lancia lungo verso l’area dove Fini stoppa e tira, la palla colpisce palo, doppio palo e Berlusconi vi si avventa per ribaltare il risultato. E’ il trionfo!
Ma alle due i risultati non danno speranza e lo scarto i 24.000 voti è giudicato incolmabile. A questo punto ho questa l’allucinazione: Benjamin Franklin entra in salotto vestito con una toga nera, si siede su una cattedra e così sentenzia:
“Gigi tu non hai adempiuto al tuo dovere e diritto di cittadino italiano, rifiutando al voto che è il simbolo di ogni paese democratico. Come dimostrano queste elezioni, anche il tuo singolo voto poteva esser d’aiuto alla causa che sostieni. Hai qualche argomentazione a tua difesa?”
“Signor Franklin, io…io…volevo votare ma quando mi sono mosso l’iscrizione all’AIRE era scaduta da pochi giorni. Io…io…volevo votare!”
“Sono argomentazioni molto labili, lei lo sa. Come condanna al suo rifiuto di aver partecipato al processo democratico della sua nazione, io la condanno all’esilio da Londra e…e…e… a vivere a Cuba per il resto della sua vita.”
“NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!”
Siamo arrivati alle tre di notte, il Senato è nella mani della destra, la Camera alla sinistra. Non so perché (ma presagisco che la sanno più lunga di quanto sembri) ma Fassino si proclama, insieme alla sua coalizione, il vincitore delle elezioni. A questo punto l’allucinazione più spaventosa, uno dei momenti più sconvolgenti della mia vita:
Prodi che sventola una bandiera con l’agilità di un elefante, Fassino-Nosferatu che ride, Rutelli che stringe le mani, ancora Prodi che parla e sospira, parla e sospira, canta e sospira vittoria e bandiere dell’ulivo mischiate con bandiere della pace e bandiere comuniste.
Mi stropiccio gli occhi. Cazzo, questa è vera!!!