Sabato pomeriggio culturale causa pioggia (ovvero: cosa fare quando piove a dirotto da 36 ore e non hai voglia di stare in casa, ma nemmeno di spendere i pochi soldi che ti rimangono trovando riparo in uno centro commerciale).
La Tate modern durante il bank holiday weekend ha proposto interessanti eventi e performance che spaziavano dalla musica, al cinema, alle installazioni. Dopo una breve permanenza nella Turbine Hall, diventata teatro di azione di un Dj intento ad incidere su vinile la propria performance di musica elettronica, ho deciso di abbandonare i miei amici ai loro (da me nn condivisi) gusti musicali e di concentrarmi su qualcosa piu’ vicino al mio gusto estetico e forse, piu’ comprensibile ed apprezzabile.
E mentre contemplo un quadro, cercando di coglierne le sfumature di significato (che stavo nel contempo leggendo sulla targetta esplicativa che, graziealcielo, accompagna ogni opera) ecco che compare una nuova categoria di abbordatore: l’animale da museo.
“Che sensazioni ti suscita quest’opera? Cosa riesci a leggere aldila’ dell’utilizzo della pratica del collage?”
“Pardon?”
Cerco di prendere tempo e sbirciare meglio il cartellino.
L’animale da museo si gira, sposta l’attenzione dal quadro a me e si presenta, mentre io cerco di farfugliare che non conosco bene l’artista e bla bla bla…
“E tu che genere di artista sei?”
Ecco, ormai l’attenzione e’ definitivamente spostata su di me. Fuggo prima che l’abbordatore professionista cerchi di accompagnarmi per un tour del museo. La Tate e’ composta di 7 piani. Ma soprattutto all’ultimo c’e’ anche un bar e se non muoio di noia prima della fine potrebbe tentare anche la carta del caffe’.