Nella mia vita precedente capitava talvolta di trovarmi in un gruppo di persone, magari zitto, magari pensieroso, magari in ascolto di chi parlava, e il solito idiota coglieva il primo momento di silenzio per dire:
“Gigi, non starai parlando troppo? Ci stai facendo la testa a pallone.”
Di peggio c’è “Gigi, e la cremeria?” con cui ancora adesso certa gente mi saluta. Di meglio, ora, il “Luigi, e Mario dov’è?” con cui ora gli inglesi riconoscono il mio nome.
Il blog è un mondo più riservato. Nessuno ti chiede dove sei finito, forse nessuno neanche nota che sei mancato. O forse manca il coefficente di idiozia dei gruppi di cui facevo parte.

Non ho vinto nessun concorso letterario alla fine. Se c’è qualcosa di non peggiore di non vincere un concorso questo è venire menzionati d’onore dalla giuria. Vien da pensare: “cacchio, ci tenevano proprio tanto a farmi sapere che il mio lavoro è piaciuto!!”
A dir la verità alla fine ho preferito prendermi questo merito.
Gennaio ha mantenuto gli standard prefissati e tra questi il “grande progetto”. Il grande progetto è quello che va oltre la menzione d’onore, ovviamente. Quanto avevo scritto non era da buttare e quindi lo sto usando come base per una storia più lunga, più divertente e più movimentata. Se avessi vinto avrei dovuto rinunciare a questa base. Alla fine, come mi disse in confidenza un amico, “sì, è carino, scritto bene, scorre, ma alla fine alla gente, di quello che hai vissuto, non gliene fotte una sega.”
Ho comprato una stampante da Argos, per venti pound. Trentacinque dopo aver comprato le cartuccie. Quaranta dopo aver comprato la carta. Se avrò tempo un giorno scriverò un romanzo ambientato tutto nel magazzino sotterraneo dell’Argos di Wimbledon. Scriverò di un gruppo di sopravvissuti ad un’invasione aliena che, rifugiatosi nel basement del negozio, si prepara al contrattacco con quanto trovano in stock. Aspirapolveri combinate a coltelli. Sgabelli. Piumoni. Gioielli. Tappeti. Alla fine vinceranno loro.
Ho stampato le pagine ogni Mercoledì, per poi portarle a lavoro e rivederle durante il pranzo o durante le mie fughe in magazzino. Dovrei scrivere anche un romanzo ambientato nel magazzino del piano terra di Hamleys. Anzi, a dir la verità esiste già un’idea.
Io e Jason abbiamo trovato un piccolo dinosauro portachiavi, dentro la bocca c’era un pezzo di carta ingiallita, con una scritta. Abbiamo immaginato che le due cose fossero appartenute alle prime generazioni di lavoratori da Hamleys. Si deve andare indietro a inizio 900, periodo in cui il negozio si spostò a Regent Street. L’idea è quella di andare in televisione con questo dinosauro e questa ragazza, ora vecchissima donna, lo riconosce, ci chiama e dice con voce stentorea:
”Chiamo a proposito del dinosauro che avete trovato nella loading bay di Hamleys.”
“Bene, ci sa dire qualcosa a proposito.”
“Beh, quel dinosauro…era mio!”
La sua storia, poi, ripercorrerà la sua carriera di store manager senza entusiasmo che trovò il suo rigoglio quando si innamorò di un dimostratore di giocattoli povero ma bello.
Io e Jason abbiamo perso le lacrime per questa storia. Jason ha una mimica formidabile.
Davanti a me ho un mazzo di scontrini vuoti. Li ho riempiti con uno dei capitoli che devo annettere al mio grande progetto. È la descrizione di una shag all’interno di uno dei bagni del negozio. Non è molto originale, ma ha già preso cinque pagine.
Ho smesso di leggere in metro. Ho smesso di prendere il Metro alle otto di mattino. La sera leggo il Londonpaper, ma neanche più di tanto. Mi piace l’angolo degli sms, la voce del popolo che sfoga ogni intolleranza. Da quando ho iniziato a pensare, durante i viaggi in metro, ho immaginato con facilità decine di ideali trame di romanzo. Con la stessa facilità me le sono anche dimenticate.
Londra offre miliardi di storie. Da poco sono andato alla London Haunted Walk e ne ho scoperte di vere, o presunte tali, su fantasmi. Le storie si nascondono ovunque!
Il mio soggetto preferito sono le case. Dalla District Line, che è sopraelevata per almeno sei stazioni, le vedo dall’alto al basso. La mattina sono i giardini, la sera, in quello che è a tutti gli effetti puro voyerismo, osservo tutti i quadratini illuminati. Donne che cucinano, ragazzi davanti a Internet, gente che cammina in un salotto.
Ecco, dovrei anche scrivere una bella sit-com familiare.