Mi avevano detto che i taxisti a Los Angeles non conoscono le strade della città, ma ho pensato al solito luogo comune.

Arrivo alle 2 del mattino. LAX, ovvero aeroporto internazionale di Los Angeles. Praticamente un DulcoLAX, se arrivi dopo 19 ore di viaggio. Ma ormai ci sono, sono in LA, un taxi e sono in albergo. Troppo facile.

Mi metto in fila, c’è coda per il taxi. Ho anni di esperienza di code anglosassoni, mi robotizzo e mi posiziono. Ho lo zaino bagnato. A NY, siccome l’aereo era in ritardo, hanno lasciato i bagagli in attesa all’aperto. Peccato piovesse. Comunque sono in fila, aspetto il mio turno ondeggiando come il una boa nel mare. Arriva il bagnino e mi mostra il mio taxi. Mi infilo nella macchina gialla, vetro scorrevole tra me e l’autista. Per evitare errori, fornisco all’autista indiano un foglietto con l’indirizzo dell’hotel. Sunset Boulevard, Hollywood, ci hanno fatto anche un film con questo nome nel 1950, sono in una botte de fero, tutti sanno dov’è.

L’autista: “che città è?”. Pausa. “Sorry?”, gli dico. Magari ho sentito male, sono stanco, a quest’ora il martelletto, incudine e staffa hanno probabilmente dato forfait assieme al timpano. “Che città è?”. Hollywood, diamine, Hollywood, Hollywood! Marlon Brando, Fred Astaire, Donald Duck!

Blank. Nada. Vuoto. Ding! Mi fa la domanda risolutiva: “Ti fidi di dove vado o preferisci che metta il GPS?”.

Guardo le freccine sul minischermo del GPS, mi sembra che stiamo andando nella direzione giusta. Paradossalmente, avendo consultato la cartina di LA sull’aereo, ho probabilmente un’idea migliore io della strada da percorrere rispetto all’autista. Penso agli autisti di black cab inglesi, che per avere la licenza devono passare esami durissimi, devono sapere tutte le strade di Londra. Penso alla A-Z di Londra, la bibbia del tassista sperduto. Lui ha voglia di parlare, io no. Normalmente farei conversazione, anche solo per educazione. Stasera ho 19 ore di viaggio sulla groppa e la paura che Mr. Taxi sbagli la strada. Per favore guarda il GPS, la mia vita te la racconto un’altra volta. Della tua non voglio saperne troppo perché potrebbe terminare a breve se non mi porti a destinazione.

Arriviamo all’albergo, non mi sembra vero. Doccia e letto. Crollo, l’autista mi ha dato il colpo di grazia. Domani primo giorno a LA. GPS: Grazie Per(avermi) Salvato.