Secondo i dati pubblicati dalla Office National Statistics i connazionali sbarcati oltremanica tra il 2014 e il 2015 sarebbero 57.600, secondi solo ai polacchi, con un boom del 37% rispetto all´anno precedente. Tra i tanti che decidono di prenotare un biglietto solo andata per il Regno Unito, ci sono alcuni con un sogno nel cassetto preciso: diventare imprenditore. 

In base ad un sondaggio condotto dalla Camera di Commercio & Industria Italiana nel Regno Unito gli investimenti delle imprese italiane in UK sarebbero aumentate del 44% tra il 2009 e 2013, creando piú di 11,500 posti di lavoro nell´ultimo triennio.

Una ricerca condotta durante i miei studi presso Richmond, the American University in London ha puntato proprio a individualizzare e comprendere le cause e le motivazioni di chi ha deciso di mettersi in proprio in UK.

Ho raccolto le testimonianze di Giovanni , Pierluigi e Vincenzo: 3 testimnianze diverse di giovani imprenditori in 3 diversi settori. Perche’ aprire una societa’ in UK? I tre sembrano concordare: la maggiore semplicità burocratica inglese, la mancanza di una richiesta di capitale iniziale eccessivo, l’attrattività del mercato, la flessibilita’ del lavoro.


Giovanni Mangini, imprenditore nel settore immobiliare

Capture3

Giovanni Mangini – “In UK per aprire la società ci vogliono 2 ore, £15 e una connessione ad internet”

Incontrare Giovanni Mangini è stato piacevolissimo. Mi racconta la sua storia. Arriva a Londra per una esperienza di studio di un anno nel 2008 ed e’ amore a prima vista. Inizia a lavorare come consulente finanziario e da poco ha lanciato insieme a Glenda Tatangelo la sua startup, G.G., una società’ nel settore immobiliare che gestisce proprietà residenziali e turistiche. Per lui aprire la società è stato molto semplice: “è facile, ci vogliono 2 ore, 15 sterline e una connessione ad internet – mi racconta Giovanni- non ci sono costi di notaio e tutto viene spiegato con un semplice tutorial online: si va sul sito Companies Houses e si registra la società, si sceglie il nome, il numero di soci, il capitale sociale e la struttura gerarchica. In Italia il procedimento burocratico è molto lento ed i costi molto più elevati, circa 5.000 Euro per non parlare del tempo speso dietro la compilazione di pile di documenti che nessuno leggera mai”.

Secondo Giovanni ci sono anche altri fattori ad influenzare la decisione degli Italiani a trasferirsi: “C’è molta incertezza in Italia specialmente in questa contingenza economica, gli elevati costi di avviamento uccidono le idee dei più coraggiosi che spesso volano a Londra dove i rischi iniziali sono ridotti. L’incertezza è purtroppo peggiore di un salario basso, demotiva lo spirito e non stimola gli investimenti sia personali che economici.”

Quando gli chiedo come vive la sua situazione di immigrato nel Regno Unito, da buona mente matematica mi risponde: “Io rappresento un puro asset per l’Inghilterra. L’hanno scorso ho contribuito 29 volte di più di quello che ho consumato.” Come Giovanni tanti Italiani che vivono in UK non hanno figli, non si sono formati in UK, non prendono sussidi. Le tasse che pagano, il reddito che rimettono in circolazione e il lavoro che generano contribuiscono all’economia inglese. Secondo uno studio dell’Univestità di Milano in collaborazione con UCL gli Italiano contribuiscono all’economia inglese 34% in piu’ di quello che spendono. Questo sembra essere dovuto ale caratteristiche demografiche dell’Italiano medio in UK, ovvero giovane, single e laureato. “Se anche in Italia sapessimo sfruttare l’immigrazione e sapessimo migliorare la qualità del flusso migratorio attirando menti e capitali potremmo anche noi aumentare le nostre entrate piuttosto che aumentare i soldi spesi in assistenza” conclude Giovanni.

Pierluigi Negro, creatore di Salento Green Life

Capture

Pierluigi Negro a lavoro nel suo ristorante “Salento Green Life”

Da sei anni vive a Londra e da un paio gestisce insieme alla sua compagna un italianissimo locale nel cuore di Londra, a due passi da Tothnenam Court Road, orami diventato un fedelissimo punto di ritrovo per i molti desiderosi di gustare i prodotti “Made in Puglia”. Mi racconta Pierluigi davanti a un bicchiere di buon vino: “per quelli come me che si sono messi in testa di crearsi un futuro, restare in Italia era impossibile! Aprire un’ attività’ in Puglia era scoraggiante dal punto di vista economico, complicato e rischioso per la gestione fiscale e contributiva”. Pierluigi, da buon imprenditore ha poi saputo riconoscere la profittabilitànel promuovere i prodotti pugliesi all’estero che – come ci tiene a sottolineare – “inondano il marciapiede davanti al ristorante ogni lunedì mattina, siete tutti invitati!”

Vincenzo Rusciano, ideatore di heavenote.com

Prima di arrivare a Londra, Vincenzo aveva girato il mondo. Studente in 3 diversi paesi e con piu’ di 60 paesi visitati “ricorrendo una caffettiera”  (cafeteraglobal.com è il suo blog che racconta i viaggi intorno al mondo  di Vincenzo e  una moka napoletana). Una volta qui veniva scartato dalle azienda perché “overqualified” , ovvero troppo qualificato per lavorare!Una beffa!

Capture2

“La cosa più bella  di vivere a Londra è che senti di essere al centro del mondo, qua c’è tutto”. Vincenzo Rusciano CEO di Heavenote.com

Non si lascia perdere d’animo Vincenzo e dopo qualche tempo trova lavoro e decide di investire in un nuovo progetto: Heavenote.com un sito che serve per gestire l´eredità digitale (account, files etc) e lasciare messaggi che si inviano dopo la morte (un topic di cui anche Facebook e  Google iniziano a interessarsi). Londra sembra essere una scelta obbligata per per quelli che come lui, sono degli innovatori. Come mi spiega Vincenzo: “La cosa piú bella è che senti di essere al centro del mondo, qua c’è tutto! E poi la mentalitá! – continiua- In Italia c’e’ paura di sbagliare, ci sono molti pregiudizi. Invece qui a contare sono i fatti, quello che realmente uno sa e vuole fare, non il passaporto o la lingua. Se hai voglia di costruire qualcosa, trovi i contatti giusti e le possibilità per iniziare. Gli investimenti in startup (non tutte, ma tante) possono essere detratti al 50% dalle tasse, ci sono tanti eventi di networking gratuiti, tanti seminari, corsi di tutti i tipi. Sono molto contento di come le cose si stanno muovendo per me, dopo le difficoltà iniziali, sto raccogliendo molti consensi e il mio progetto sta crescendo anche grazie al crowdfunding www.heavenote.com/jointoday.)”. I suoi consigli per chi volesse trasferirsi sono molto diretti: “se volete fare i camerieri, con la stessa paga, fuori Londra avete una vita dignitosa perché qui tutto è caro –e poi aggiunge- anche se la cosa più cara nemmeno il denaro la compra ed è il tempo. Se invece una persona viene motivata, per crescere e fare qualcosa di veramente buono allora che si armi di pazienza, flessibilità e mai, mai si accontenti perché in questa città potrà sempre ottenere qualcosa di più

E l’Italia?

Va detto, però, che anche in Italia qualcosa si sta muovendo dopo l’introduzione del governo Monti della possibilità di aprire una S.r.l. con solo 1 euro se non si fossero superati i 30 anni (adesso anche over 30). Ma a bloccare lo spirito imprenditoriale sembra essere la mancanza di semplicità burocratica, promossa dalla Commissione Europea, ma ancora non entrata nella pratica in Italia. Secondo il rapporto della Banca Mondiale “Doing Business” 2013 ad esempio un imprenditore italiano spende in media 269 ore per gli adempimenti fiscali contro le 110 di un suo collega Inglese.

Ad agevolare gli investitori giovani e non nel Regno Unito vi è Camera di Commercio e Industria Italiana nel Regno Unito. Fondata nel 1886 – come mi racconta Caterina Cotugno -Innovation, Investments and Communications Manager – la cui mission è favorire i flussi commerciali tra Italia e Regno Unito, offrendo supporto alle aziende italiane desiderose di investire e crescere in UK sia in fase di startup, sia come aziende già strutturate in cerca di nuovi mercati. Secondo Caterina “il trend delle start-up Italiane che arrivano nel Regno Unito è principalmente nell’ICT e nelle molteplici sfumature che il digital può avere: dal mobile, al mercato florido delle app, all’advertising, a piattaforme di ecommerce, all’innovazione nei processi di fruizione dell’arte. Non solo food a spingere gli italiani oltremanica.”

Ad accoglierli oltre alla maggiore semplicità burocratica e fiscale, a programmi pubblici di supporto agli investitori, anche una rete fitta di eventi per permettere loro di inserirsi pienamente nell’ecosistema del mercato inglese. La rete o meglio il fare rete sembra essere – a parere di Caterina – uno dei fattori chiave del fare impresa in Gran Bretagna: “Il boom delle start-up, (581.173 le aziende registrate nel 2014 nella Companies House con in testa gli hubs di Greater London, Birmingham e Manchester) e’ riconducibile al sistema che il Regno Unito sa e può offrire. Le aziende dell’hi-tech che nascono o si sviluppano in UK possono usufruire di molteplici occasioni per conoscere e farsi conoscere, come il London Tech week e le innumerevoli iniziative promosse dalla Tech City e dagli altri hub tenologici presenti su tutto il territorio.  La Camera promuove diversi eventi in collaborazione con partners nazionali e internazionali”. Tra i tanti, da non perdere a novembre UnBound Digital, evento rivolto a tutti gli operatori dell’ecosistema digitale mondiale e i “Talented Young Italians” awards organizzato in collaborazione con l’ Ambasciata Italiana a Londra  che premiera’ giovani italiani under 40 per essersi distinti nella loro professione e per aver (come precisato nel bando) mantenuto collaborazioni positive con l’Italia. L’ ultima domanda e’ sui  consigli per i prossimi startuppers italiani che vogliono investire in UK: “Non arrivate sprovveduti, abbiate le idee chiare e siate determinati! I dati sono importanti ma a contare e’ anche il carattere e la determinazione

 

Articolo scritto da Aurora Tota @auroratota