Venerdì pomeriggio guardavo il talk show Trisha, la solita rogna tra un lui e una lei mi stava coinvolgendo al punto da aver lasciato a metà il mio pacchetto di patatine , quando il cellulare suona.
“Hello!”
“Hello. It’s Betty” non sentivo la Regina dai tempi della testata che le ho mollato qualche mese fa, quel casino nato dopo il gioco per Playstation che le prestai e le provocò allucinazioni per due giorni “aiuduing, man?”
Le grandi amicizie sopravvivono a tutto, anche alle craniate.
“I’m allright. You?”
“I’m cool. Gi, please, come here as soon as possible. We have to plan Sunday afternoon.”
“Where?”
“I’ll show you. My chauffeur is coming to you.”
Cinque minuti dopo suona il campanello, un signore mi aspetta fuori a bordo di una Bentley. Venti minuti dopo entriamo nel parcheggio di Buckingam Palace.
Mi apre subito Elisabetta, ma neanche il tempo di salutarla e subito si affretta con passo saltellato verso il corridoio e poi verso le scale del basement.
“Follow me! We’ll kick their ass!”
Ero contento di ritrovare la donna arzilla e contenta dei bei tempi assieme, -con quello spirito ne abbiamo combinato di cotte e di crude nei quartieri di East London – ma stavolta mi ha lasciato di stucco perché, invece del suo solito, tiratissimo abito d’ordinanza, indossava la maglietta dell’Arsenal col numero 11 di Henry e un paio di short bianchi che esibivano lo spettacolo non certo piacevole di due gambe flaccidine e falcidiate da un AZ di vene varicose.
La seguo nel basement, da lì in un angusto corridoio alla fine del quale una porta reca il seguente segnale ornato di teschio: “NO ENTRY”
Elisabetta apre le tre serrature poste al centro della porta, io inizio a credere che da lì a pochi secondi avrei ammirato il famoso tesoro della Regina, ma quando la porta si apre e la luce si accende quello che mi appare davanti supera di gran lunga ogni mia aspettativa.
La stanza è completamente tappezzata di rosso: alcune sciarpe dell’Arsenal, le foto incorniciate di almeno 40 formazioni, una ventina di magliette rosse ornano le pareti di cui emerge qua e là il colore bianco. L’angolo sinistro della camera è occupato da un antico cannone, il simbolo della squadra, poi palloni da calcio qua e là per il pavimento – riconoscibili le firme dei giocatori sulla superficie – e una teca di vetro nella parte destra. E’ alla teca che si reca la mia amica.
Sotto il vetro si notano strani cimeli che lei ammira con un sorriso nostalgico e gli occhi commossi.
“Do you see that broken bottle?”
Una mezza bottiglia di birra era adagiata su un cuscinetto di seta, coperta dal collo fino alle estremità taglienti da una roba scura di color marrone.
“Yes. What’s that?”
“I crashed that bottle into a Valencia supporter’s head during the final of 1980 Cup Winners Cup we lost.”
Ora capisco. La roba scura è sangue.
“Did you?”
“He deserved that, innit? Do you see those teeth?”
Avevo già notato, di fianco alla bottiglia, delle cosine bianche poggiate su un altro cuscinetto di seta rossa, ma solo alle sue parole ho capito che fossero denti.
“Teeth?”
“These were teeth of a Crystal Palace supporter. I destroyed his face in 1983. It’s a good memory.”
“You never told me about your passion for Arsenal!”
“I know, it’s a surprise for you, innit? Did you ever asked yourself where the hooligans came from when they devasted every place they went? I trained everyone of them in this building. Then someone in the Parliament decided to apply strict rules and the good fun finished, unfortunately. But their memory still lays in that cabinet.”
La Regina indica una tenda di velluto rosso, si avvicina e la apre. La vetrina che appare è letteralmente piena di cimeli sportivi: a parte altre bottiglie rotte e altri denti, riconosco coltellini a serramanico, manganelli, catene, scarpe spaiate, un dito, infinite sciarpe di altre squadre, tutte distrutte, qualcuna coperta di sangue.
“Gigi, you must help me! Sunday Arsenal will play against Chelsea. I want to come back!”

Usciamo dalla stanza e ci rechiamo al primo piano, in camera sua. Già pronto nella sua scrivania tutto il necessario per il trucco e per il travestimento.
“Please, make me up and dress me up like a low class old woman. ”
Dopo tre ore il risultato era stupefacente. Niente più boccolini bianchi, i capelli della Regina piombavano lisci, ingialliti con della tinta e unti un poco con del gel. Non più occhi da civetta, con una passata di phard le ho creato occhiaie da funerale e con un po’ di gomma le rughe da ultracentenaria. Non più abiti regali, ma jeans cadenti al polpaccio, scarpe da tennis luride, un giubbotto verde e un cappellino dell’Arsenal.
“Perfect.”
“Gigi, it’s going to be a wonderful return, innit?”
“Yeah, definitely.”
“You come with me, don’t you?”
“Sure.”

Ieri sera arriviamo all’Highbury Park alle 2. Entriamo in curva e nessuno desta attenzione all’anonima donna di fianco a me, esaltata come pochi durante i cori e affezionata come tanti alla sua lattina di Carling. La partita finisce 0-2 per il Chelsea.
Al fischio finale Elisabetta accartoccia nella mano la quindicesima lattina svuotata, la sbatte per terra e inizia a urlare:
”Wankers! !Wankers! Wankers!”
Poi mi dice:
“It’s terribile Gigi, innit? Let’s go out, I want to meet some of those wankers.”
Usciamo fuori dallo stadio e subito incrociamo una gruppo di cinque tifosi del Chelsea che esultano della loro quindicesima vittoria, la seconda in campionato contro i Gunners. La Regina li vede e si azzanna contro:
“Wankers! You fucking men!”
Quelli si avvicinano, ma vista l’inerzia di quella donna coi capelli gialli, decidono di reagire all’insulto col più amichevole degli sfottò:
“Cheeeelsea! Cheeeelsea!”
La Regina mi guarda inferocita, infila la mano nella tasca interna del giubbotto verde e la tira fuori con un tirapugni in oro, con diamanti appuntiti a rinforzare le nocche.
“Gi, have you ever seen the Queen’s treasure? Here it is!”
Con l’agilità di uno scoiattolo si lancia verso i cinque uomini, il tirapugni che subito si stampa sull’addome del più grosso.
Copro gli occhi con le mani.
Rumori convulsi mi arrivano.
Qua e là un “Wanker!”, ma sempre più soffocato.
Dopo un minuto è silenzio.
Apro gli occhi e la Regina è rantolante a terra, un occhio già grosso come un pompelmo, la bocca da cui esce sangue.
“Bastards!”
“You’ve reached the retiring age for these things.”
“Maybe you’re right my friend.”
“Did you collect anything?”
“Unfortunately no. They punch me out after two seconds. But wait…oh my goodness…my knuckleduster!!!! They stole it!”
Nella sua mano, prima ornata da un tirapugni dal valore miliardario, ora c’era solo sangue e terra.
Il suo Tesoro era sparito!
Sola allora la Regina è svenuta a terra.

Mi hanno chiamato ora da Buckingham Palace; dopo averla cucita con 34 punti, dopo averle sgonfiato l’occhio, dopo aver lanciato la più grande caccia all’uomo dopo il Luglio 2005, sembra stia meglio. Mi hanno detto che si è fatta comprare una palestra, ha già iniziato a fare pesi.