Eccomi ancora davanti al mio laptop. È passato un po’ di tempo dal mio ultimo post e stavo perdendo un po’ di smalto in queste ultime settimane. Un sacco di lavoro in arretrato mi stava facendo impazzire e invece di affrontare la situazione come un adulto ho preferito staccare la spina per una settimana di vacanza. Sono convinto che non c’è niente di meglio di una settimana di mare per scaricare le tensioni e allora ho accettato la proposta di un amico di veleggiare con lui e alcuni suoi amici in Inghilterra. Non avevo voglia di tornare a casa. Il mare della Sardegna è splendido però c’è troppo caos in agosto e io volevo fuggire da tutto quello che avrebbe potuto interferire con la mia salute mentale. Niente cellulare, niente email, niente internet, niente TV, niente radio. Solamente io, 3 altri esseri umani, un po’ di musica (per uso personale), un paio di libri, e tanto mare e tanto vento. Appuntamento con Peter e gli altri a Dittisham in Devon. Ero un po’ nervoso perché non andavo in barca a vela da 5 anni e pensavo di essermi scordato tutto, in più l’idea di timonare una bestia di 15 metri con cavalloni alti anche 10 metri non è la mia idea di relax più totale. Dopo una veloce prensentazione in un pittoresco pub di Dittisham ci trasferimmo in barca dove fra ettolitri di alcol e un ottimo risotto ai gamberi e zucchine (cucinato dal sottoscritto) iniziai a fraternizzare con i miei compagni di regata. Tutti avevano una lista di posti dove avevano navigato che avrebbero fatto impallidire anche Braccio di Ferro. Caraibi? Isole della Dalmazia? Fiordi norvegesi? Islanda? Attraversata dell’Atlantico? Eeeehhhh? Gesù, Maria e Giuseppe, io posso solo vantare un periplo della Sardegna e un’attraversata Cagliari-Palermo. Più tonnellate di esperienza su barche olimpiche tipo Laser e cazzi vari (soprattutto cazzi vari). E vogliamo parlare del linguaggio tecnico? Per la prima volta in anni e anni mi sono sentito uno straniero in questo paese. Come minchia si dice “Cazza quella randa” in inglese? Vi dirò che alcune di queste cose per me rimangono ancora un mistero. Il giorno dopo ci siamo messi in cammino (si fa per dire) verso la punta più occidentale dell’Inghilterra, anche nota come Land’s End.
Una volta messomi al timone tutto mi è tornato alla mente e mi sono divertito un mondo. Non vi sto ad ammorbare con un diario di bordo. L’highlight del viaggio è sicuramente quando io e un tipo irlandese di nome Oliver siamo andati a farci una birra nel pub di Helford Creek, dove eravamo ancorati in mezzo al fiume. Io e Oli, allora, abbiamo preso il gommoncino della barca e siamo arrivati al pub, dopo la prima birra ne è subito arrivata una seconda e prima che me ne accorgessi avevo accettato una sfida a tirare giù pinte su pinte. Purtroppo, alla fine della gara, il risulato della sfida era in netto favore dell’Irlanda. Dopo un paio di ore di bagordi, io e Oli siamo riusciti in qualche modo a tornare al tender (camminando carponi e rotolando per un sentiero di campagna al buio più completo…. e un tasso alcolico superiore al 25% non ti aiuta). Una volta sul gommone ci siamo accorti che il motore era rotto e che avremmo dovuto remare per un Km per tornare alla barca. Un Km controcorrente. L’impresa è durata mezzora e stava per finire in tragedia, eravamo saliti sulla barca sbagliata… inutile raccontarvi di come il padrone di quella barca non abbia gradito l’intrusione. Fra i suoi fucking qui e fucking là, e i nostri sorry qui e sorry là, siamo tornati sulla Cerulean. Il giorno dopo, con un malditesta da paura ho aggiustato il motore del tender.
In conclusione, mi sono divertito un sacco questa settimana. Se si escludono un paio di minor sailing injuries.
Spero di non avervi annoiato.
Passo e chiudo!
G x
Il Marziano