Questa settimana sono tornato dalle mie (meritatissime) vacanze, diciassette giorni in cui ho mantenuto distanze da qualsiasi forma umana più bassa di un metro e venti, a parte un nipotino di un anno e qualche mese, un angelo lontano dalla fase “mostro” esattamente come un Mogwai è lontano dalla fase Gremlin.
Essere tornato a Londra, ovviamente, significa anche essere tornato a contatto coi mostricciatoli inglesi, senza i quali sarei disoccupato, senza casa, senza divertimenti e senza quella marea di libri e Dvd che sta invadendo la mia camera.
Mostricciatoli lentigginosi.
Mostricciatoli biondi.
Mostricciatoli mulatti.
Tutto il mondo è paese e i mostricciatoli sono mostricciatoli ovunque.
E’ un anno che mi godo dei bambini la parte migliore.
Non devo impastricciarmi la mano di omogeneizzati, latte, pappette, bava, né tantomeno simulare il rombo d’aeroplano con un cucchiaino in mano, appena hanno fame.
Non devo impastricciarmi la mano di merda e pipì appena giunge il momento di cambiarli.
Non devo assumere toni di voce consolanti, né tantomeno sollevarli di peso, appena scoppiano a piangere SENZA alcun motivo.
Non devo spiegar loro perché le dita della mano sono 5 e perché il sole è giallo, appena il mostro arriva in quella fase in cui si incuriosisce del mondo.
Non devo tormentarmi ogni minuto sull’eventualità che l’educazione impartita al mostro lo possa condurre tra vent’anni in qualche centro recupero tossicodipendenti, in qualche centro sociale o in qualche galera.
Per fortuna io coi bambini ci gioco e basta. E non solo, non gioco mai più di dieci minuti con ognuno, così c’è sempre ricambio.
Eppure ci sono i MOSTRI nel vero senso della parola (la definizione data finora è affettuosa), marmocchi che riconosco ormai al solo approccio e stimolano quelli impulsi che solo ora riesco a giustificare nei miei genitori, quando li realizzavano nella pratica di ceffoni e sculaccioni.

Il mostro dei mostri è il bambino maleducato faccio-tutto-io, so-tutto-io (nel momento in cui scrivo ciò giuro che educherò mio figlio all’uso delle buone maniere fin dal suo svezzamento). Tale mostro arriva, prende il giocattolo e pretende di farlo funzionare da solo, ma proprio nella fase sperimentale (di solito quella in cui cerca di capire come si fa a caricare il fucile) irrompo nella sua vita e strappandogli il gioco di mano (spesso borbottando “cazzo vuoi tu?”) gli rallento il processo cognitivo.

L’altro forma di mostro è il bambino stupido. Come Forrest Gump insegna, stupidi si nasce e non si diventa. Come Forrest Gump non insegna, presentandone tutti i caratteri più teneri , alla lunga la stupidità è irritante.
Vi ricordate la frase “quando il dito punta il cielo lo stupido guarda il dito”?
Prendete un bambino che prende la mira con un fucile giocattolo, punta troppo in alto e spara alla gente che passa.
Prendete un dimostratore di giocattoli che gli dice “Più basso”.
Cosa fa il bambino Q.I. sopra la media? Punta più basso.
Cosa fa il bambino Q.I. Forrest Gump? Piega le ginocchia e si abbassa, lasciando il fucile puntato verso il soffitto.
Cosa fa il dimostratore, che nel vedere i dischetti volare per il piano sbianca, perché se solo per malaugurata sfortuna un dischetto centrasse un occhio e il possessore di quell’occhio decidesse di lamentarsi, lui rischierebbe grosso? Cosa fa dunque? Gli sbatte la mano sopra l’arma giocattolo e gli tiene la mira fino a fine dimostrazione.

L’ultima forma di Mostro, la più lieve, è quella logorroica. Basta l’attacco:
“My friend’s got this.”
Dopo la dimostrazione il mostro continua con suggerimenti di gioco, idee regalo e sarebbero tutte interessanti, per carità, e spesso mi intrattengo a parlarci, ma bambino logorroico, se tu arrivi dopo che io ho interagito con altri cento tuoi simili, pensi veramente che mi possa interessare anche solo il tuo nome????