A Pasadena ci sia arriva prendendo la Gold Line, una versione della Subway a cielo aperto. Una boccata d’aria da una città che opprime. Il trenino scivola tra le colline un po’ brulle che precedono Pasadena. Quello che vedo dal finestrino mi piace. Case costruite con tutte le architetture del mondo. Case in legno, cemento, mattoni, coloniali, spagnole, mediterranee, cubiste (non quelle delle discoteche), vittoriane. L’America è il melting pot delle culture e queste case lo dimostrano.

Il treno arriva ad una stazione che sembra fatta con i lego. Passeggio. La cittadina è piacevole, elegante con qualche angolo molto europeo. Mi dirigo per il California Institute of Technology, Caltech, la mia meta principale di oggi.

Il Caltech è una delle università più prestigiose al mondo. Qui hanno collezionato una bella sfilza di Nobel, più di quanti ne abbiamo collezionati noi nella storia d’Italia. Quando ci arrivi però quasi non ti accorgi che ci sei dentro. Per una volta, gli americani sono stati timidi. A parte qualche cartello poco visibile, sembra un aerea residenziale dai confini poco definiti. No security, no main gate.

Ed è proprio questo il bello di questo posto. Una distesa verde, con piccoli edifici dall’architettura interessante, laghetti e studenti sdraiati sull’erba. A Torino ho studiato in un parallelepipedo di cemento. C’era più erba nei vasi del balcone di casa mia che nel cortile del Politecnico. Al Caltech hanno l’Olive Walk, la passeggiata tra gli ulivi al centro del campus. A Torino guardavamo sei volte a destra e sinistra per non essere asfaltati dalle auto durante la nostra Smog Walk quotidiana. Ogni anno gli studenti fanno la raccolta delle olive e magari di faranno anche l’olio. A Torino, l’unico olio che ho visto è quello di gomito o quello perso dal cambio delle macchine.

Il sole, la temperatura ideale e le tartarughe che si abbronzano al bordo laghetto ti fanno quasi pensare che sia un po’ meno faticoso studiare qui con questo contorno. Magari mi sbaglio, ma l’impressione è quella. Penso anche alle università di Cambridge e Oxford, altri paradisi della cultura che però non godono del sole della California, quindi, complessivamente, godono un po’ meno. Mi chiedo se in Italia abbiamo università così. La mi esperienza è limitata a Torino e Milano, certamente due casi non proprio felici, anzi piuttosto infelici, due casi ad effetto colata di cemento. Se le abbiamo, fatemi un fischio, avrò imparato qualcosa di nuovo sul mio paese.

Mi fermo davanti al dipartimento di Fisica dove ha insegnato Feynam. Faccio una foto alla porta d’ingresso, piuttosto bruttina, ma piena di storia. Faccio un giro al bookshop e a fatica resisto dalla tentazione di comprarmi una mug con il logo Caltech, talmente pacchiana da essere irresistibile (nel 2000, per il giubileo, ho comprato una scatola di metallo con la foto della regina incorniciata in un ovale stile necrologio. La cosa più pacchiana venduta a Londra negli ultimi anni. Lo considero il mio pezzo migliore).

Giro per 4 ore, non vorrei andare via. Mi sento a mio agio. Si respira aria di cultura, il sole scalda i pensieri e le riflessioni. Torno al centro di Pasadena, birra, caffè e via con la Gold Line.
Domani si parte per San Franscisco, bella storia.