Bene, e’ lunedi’, il sole continua a splendere sulla capitale inglese e io, sebbene vittima di un fastidioso torcicollo, ho bisogno di rimettermi a studiare seriamente perche’ per il 21 settembre devo consegnare una tesi di 12.000 parole (ha! ha! ha!) e non solo non ho scritto ancora una riga, ma arranco paurosamente con le ricerche (che ovviamente hanno subito una battuta di arresto in seguito alle mie vacanze italiane e alla depressione da rientro + ansia bombe). Quanto al w/e appena passato, oltre a far finta di studiare, sono stata a Greenwich, al parchetto dietro casa e ho anche rivisto alcuni amici e conoscenti, tra cui il mio ex housemate, che – beffa del destino – essendo di origine pakistane si ritrova per omonimia a condividere nome e cognome di uno degli attentatori (ma non e’ un caso strabiliante, sarebbe come in Italia chiamarsi Paolo Rossi o Mario Bianchi). Il mio ex housemate e’ nato qui in Inghilterra, e’ British in tutti i sensi (beve pure birra), lavora nella city, ha una ragazza inglese, in moschea non ci va mai. Eppure quando abitavamo sotto lo stesso tetto ricordo le contraddizioni, il calendario di ‘muslim aid’ attaccato su un lato del frigo, i suoi genitori per nulla integrati e religiosamente osservanti che lo volevano fidanzare con una ragazza del vilaggio e che cercavano a distanza di decidere x lui. Una volta venne suo padre in visita e dovemmo far sparire alcolici, prosciutto e varie (dovetti in un certo senso sparire anch’io)… Deve essere molto difficile vivere due realta’, sicuramente sceglierne una a discapito dell’altra puo’ essere problematico. Ma una crisi di identita’ non basta a spiegare la follia assurda di 4 attentatori suicidi. Ci deve essere dietro qualcosa di diverso, un’ideologia perversa e fortemente attrattiva, che riesce ad operare un lavaggio del cervello sui suoi adepti. Tutti immaginavano 4 individui venuti da lontano, estranei al tessuto sociale e culturale in cui viviamo. Invece loro erano qui, tra noi. E’ la banalita’ del male che fa piu’ paura.