Il turista inesperto si domandera’ perche’, anche alle fermate degli autobus londinesi, si formino delle lunghe, lunghissime code.
Ma sempre ordinate. Nonostante la pioggia, il marciapiedi disconnesso, il percorso irto di ostacoli (un cestino dell’immondizia, una paletta, l’auto mal parcheggiata…). Tutti ben in fila, non ci si accavalla e non ci si scompone, uno dietro l’altro in silenzio, leggendo libri, giornali, appunti, ipod nelle orecchie, telefonino alla mano a scorrere messaggi o rubrica, blackberry per controllare le mail.
A volte il motivo di tanto ordine mi sfugge, specie quando mi trovo in una coda formata da 8 persone pronte a salire su un bus completamente vuoto. Sono vicina alle porte (stavo consultando il percorso sulla paletta, giuro, non volevo fare la solita italiana all’estero) cosi mi accingo a varcarle in contemporanea con una signora che, a differenza mia, si era guadagnata il suo posto in coda.
“This is the queue” mi fulmina con lo sguardo e mi mostra con orgoglio le 5 persone rimaste dietro di lei.
Guardo il pulman vuoto, 3 persone a sedere. Giro sui tacchi, 2 passi indietro e il tempo di raggiungere la fine della coda e’ gia’ il momento, per me, di salire. Mi sento un po’ colpevole, anche se in fondo ho solo cercato di applicare del buonsenso alla mera attivazione di una pratica consolidata. Forse anche in questo sta la differenza tra noi e loro. Certo e’ facile confondere la nostra creativita’ con il caos e il loro ordine con ottusita’. Sbircio da lontano la signora che mi ha intimato di mettermi in coda e penso che, probabilmente, ha aspettato quel bus per mezzora e quasi si meritava l’ingresso trionfale tra i primi della fila.