Metro

Siete mai andati da piccoli sulle montagne russe? Vi ricordate il senso di precarietà che davano le discese quasi verticali e la famosa “ruota della morte”? Quella lieve angoscia nel pensare che se una vite fosse saltata, una probabilità su tante, sareste saltati con lei e col vostro vagoncino? Bene, oggi il viaggio in metropolitana è stato un viaggio nelle montagne russe, coi suoi momenti di calma, ossia le fermate nelle varie stazioni, e i momenti più tesi, ossia le corse dentro i tunnel. L’unica differenza è che se il senso di quella tensione erano i cinque minuti di urla e adrenalina al massimo, oggi non c’era alcun pro in quella tensione, solo la necessità di spostarmi da Oxford Circus fino a Notting Hill Gate e poi da High Street Kensington (nessun treno partiva da Notting Hill) a Wimbledon Park. All’andata infatti, ore nove, sono andato in macchina con Giuseppe.
La maggior parte dei pendolari ha scelto altre sistemi di trasporto, visto che invece della normale ressa c’erano poche, pochissime persone in un’ora, le otto di sera, in cui tutti ritornano a casa. Non solo questo, ma altri ancora hanno deciso di non uscire proprio di casa, tanto che oggi il mio piano mancava di alcuni assistenti. La tensione è ancora alta dunque, ma Londra non è un campo di guerra, come dall’Italia sembra trasparire.
Il campo di guerra rimane quello delle opinioni, guerre in cui ormai sventolo bandiera bianca, motivo stanchezza e rassegnazione, quando anche per questa strage si chiama in causa il solito capro espiatorio, quell’America di cui molta gente ha la bocca talmente piena da non saper più distinguere dove il terrorismo colpisce (Madrid, Bali, Tapa, Riad, Londra); ovunque lo faccia, anche in quelle città come Bali in cui l’alibi dell’alleanza coi “crociati americani” non sussiste, la colpa sta sempre oltreoceano, vuoi per la guerra all’Iraq, per gli attentati post Marzo 2003, vuoi per il suo passato di violenze e oppressioni, per l’attentato dell’11 Settembre.
Cancellati dalla testa questi discorsi, mi rimane in testa la tristezza di Shah, mussulmano sunnita, che da quanto mi racconta è seguace dell’Islam come io lo sono del cattolicesimo. Poco o nulla.
“How are you?”
“Not too bad.” mi risponde con lo sguardo afflitto.
Con lui i discorsi spaziano spesso in contesti diversi da quello lavorativo o calcistico: mi racconta di come la sua ex-ragazza lo chiami ancora il lacrime, disperata, perché la famiglia di lei la sta costringendo al matrimonio combinato con un altro e lei ama lui. Lui ha smesso di risponderle, non ci può fare nulla e anche nel dirmi questo il suo sguardo si affligge. Io mi affliggo per lui quando mi mostra la foto nel cellulare e vedo il primo piano di una bellissima ragazza sorridente.
Ieri Hamleys è stato l’ultimo negozio del West End a chiudere le porte; nonostante la poesia che aleggi dietro ad un negozio di pupazzi e macchinine, il pensiero del soldo ha prevalso in quei manager che hanno preso la triste decisione, nonostante il centro fosse vuoto e pochissimo incasso ne sarebbe derivato.
Domani torno nelle montagne russe e stavolta sono quelle spaziali, quelle di mattina.