Quello che sta succedendo in questi giorni in Italia è importante. Non so se avete seguito le agitazioni degli studenti, professori e rettori in tutta la Penisola. La ragione è che dopo aver smontato pezzo a pezzo la scuola italiana in decenni di scellerata gestione, concorsi burla e baroni incancreniti, ora è arrivata la mazzata finale. Stanno staccando la spina, hanno tolto la flebo. Ne resterà un corpo in stato vegetativo.

Il Governo ha deciso di applicare nei prossimi 4 anni tagli alla scuola per miliardi di euro in maniera indiscriminata, senza guardare in faccia nessuno. I tagli vanno fatti davvero. Ma vanno fatti a quelle scuole che li sprecano e i soldi risparmiati vanno reindirizzati a quelle scuole “virtuose” che sanno farne buon uso. Una seria riforma deve ridistribuire, sgretolare i baroni, ripensare l’architettura della scuola su metodi meritocratici, tagliare gli sprechi e, soprattutto, investire in maniera crescente nel tempo. Il vero capitale su cui si deve fondare un paese deve essere quello umano. Non quello delle banche salvate da tutti noi negli ultimi mesi.

Fino ad oggi, nonostante lo stupro continuo a cui è stata sottoposta dai vari governi (di sinistra e destra senza distinzione), la scuola pubblica ha garantito un livello decente di formazione e soprattutto ha costituito un luogo accettabilmente sicuro. In aperto contrasto con quella che è la situazione qui in UK, dove alle scuole pubbliche, se si può evitare, non ci si avvicina neanche. Troppo pericolose, di livello troppo basso, una sorta di ricettacolo di tutti quelli che non riescono a permettersi la scuola privata (con qualche felice eccezione). Per una volta l’Italia aveva qualcosa che, sebbene con grandi problemi, ha garantito ad ogni ragazzo italiano il diritto allo studio. Non sarà più così. Stanno massacrando quello che è rimasto e l’unica soluzione in futuro, per una buona istruzione, sarà la scuola privata.

Le conseguenze, comunque, le vedremo adesso solo in parte. I tagli sono a 360 gradi, scuola, università, ricerca. E sarà proprio l’ultima a soffrirne di più nel lungo termine. Le conseguenze vere della pugnalata che stanno dando alla ricerca italiana la vedremo solo tra 10-20 anni. Da decenni ormai la ricerca italiana era allo stremo, con un esodo sempre maggiore di scienziati che per poter realizzare le proprie idee deve andare all’estero. Un sistema strozzato da baroni e concorsi ad personam, dove l’unica soluzione fino ad oggi è stata fuggirne a gambe levate. E’ la famosa fuga dei cervelli, di cui si parla ogni tanto e di cui parlerò forse anche io in questo blog. La cosa mi tocca da vicino, essendo anche io un ricercatore fuggito dall’Italia. Ora, la ricerca, sarà veramente, passatemi il termine, con le pezze al culo.

Tutti i paesi a democrazia avanzata hanno investito nella ricerca perché hanno capito che lì sta il futuro di un paese. Fare ricerca oggi, vuol dire costruire una base su cui fondare l’università, il lavoro e la cultura di domani. Anche la Spagna che fino a qualche anno fa era il fanalino di coda dell’Europa, ha completamente cambiato faccia ed è attualmente molto più attiva nella ricerca rispetto all’Italia. Lo sapevano già i Greci e i Romani 2000 anni fa che investivano in persone, cultura e biblioteche. Siamo stati tra i primi a fondare le università. Ora saremo i primi a farle morire. Forse non dovrebbe stupire troppo, visto che non saprei se si può ancora dire che l’Italia è una democrazia avanzata.

La reazione della gente a questi provvedimenti scellerati è stata però superiore alle aspettative. Forse mai come in questa occasione la gente ha visto la spaccatura ormai incolmabile tra politica e vita reale.

Vedremo che succederà.