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La strada e’ di tutti

La strada e’ di tutti, dicevamo da bambini. Non una cosa proprio da bambini, veramente; un principio di liberta’ e di rispetto, qualcosa con cui imparavi a crescere e che imparavi ad apprezzare. Mi chiedo se e’ ancora cosi’, o se le moderne ideologie non stiano lentamente facendosi beffe di questo concetto, come di parecchi altri. Prendiamo le corsie preferenziali per gli autobus. Va bene, la strada e’ un bene prezioso ed e’ giusto che il suo uso sia, entro limiti ragionevoli, regolamentato. Va bene, ci sono situazioni nelle quali l’uso di questi spazi diventa un bene talmente prezioso che e’ opportuno limitarne l’accesso (penso non solo alle corsie preferenziali, ma per esempio ai parcheggi riservati ai residenti). In questo caso la sotuazione e’ semplice: il disagio creato dal laissez faire e’ tale, e per tutti, che una forma di regolamentazione si impone e giova, alla fine dei conti, a tutti. Ci sono pero’ situazioni nelle quali secondo me si esagera palesemente, o meglio nelle quali un’istanza ideologica prende il sopravvento su esigenze, in origine, eminentemente pratiche. Prendiamo la Jamaica Road, andando verso Rotherhite. Corsia preferenziale in vigore 24/7, anche quando (come e’ il caso la domenica pomeriggio) vi transita solo un autobus ogni 2/3 minuti e qualche – molto raro – taxi. Chiunque ha visto la differenza tra una strada trafficata a due corsie e la stessa strada...

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May Contain Nuts

Tutto è iniziato quando abbiamo dato ragione alla tipa che si è scottata le gambe prendendo un tè da McDonalds, ha fatto causa e ha vinto un sacco di soldi perché sul bicchiere non c’era scritto che il tè era caldo. Da che mondo e mondo il tè si fa con la l’acqua bollente. Avremmo dovuto dirle “bella scoperta” e invece abbiamo dato potere agli avvocati che riescono a vincere i casi più assurdi. E lo strapotere della legge davanti al buon senso ha prodotto idiozie, come la scritta “May contain nuts” sul pacchetto di noccioline. Cosa diamine ti aspetti che contenga un pacchetto di noccioline? Scritte per pararsi il culo, in caso qualche idiota sia dotato di un buon avvocato (e la mamma degli idioti è sempre incinta). Bisognerebbe tornare al buon senso. Bisognerebbe misurare quello che ha buon senso e quello che non ce l’ha. Il buon senso si misura sulla sua assenza. Un buon modo per misurarlo è chiedersi “com’era 50 anni fa?”. 50 anni fa se andavi a prendere il tè al bar, stavi attento a non berlo di corsa perché sapevi che era bollente. Adesso lo puoi tracannare in 10 secondi, bruciarti l’esofago e poi fare causa al barista che non ha scritto sulla tazza “Warning: hot water”. E riesci pure a vincere la causa. L’assenza di buon senso genera monnezza. Una quantità esagerata...

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Council, tu mi fai morire

Stasera ho messo su un CD di Bruce Springsteen. Mi ha ricordato il suo concerto che sono andato a vedere allo stadio dell’Arsenal un po’ di tempo fa. Semplicemente incredibile. Se non siete mai stati ad un suo concerto, non perdete l’occasione la prossima volta che passa da queste parti. Io non sono mai stato un suo grande fan, conosco solo in parte il suo repertorio. Avevo sentito però che dal vivo è un vero spettacolo e ho deciso di andarci, anche spinto da un amico irlandese che è un suo fan sfegatato e da mia moglie, alla quale Bruce è sempre piaciuto molto. E meno male che mi hanno convinto. E’ stato uno dei concerti più belli che abbia mai visto. Bruce sul palco è una vera bestia, instancabile. Ha 59 anni e ha più energia di me che ne ho 34. Ha cantato 2 ore e mezza non-stop, senza neanche una pausa tra una canzone e l’altra. E pure facendo le “knee slides” sul palco, roba che mi facevano male le ginocchia solo a vederlo. Il palco è suo, è veramente il Boss. E a dispetto di molti altri artisti, quando è lassù è l’uomo più felice del mondo e si tira dietro tutto il pubblico in quella felicità. Andare al concerto di Bruce è stato però anche l’ennesimo “scontro” con gli eccessi di formalità degli inglesi....

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Dio benedica il GPS e tutti i suoi satelliti (USA)

Mi avevano detto che i taxisti a Los Angeles non conoscono le strade della città, ma ho pensato al solito luogo comune. Arrivo alle 2 del mattino. LAX, ovvero aeroporto internazionale di Los Angeles. Praticamente un DulcoLAX, se arrivi dopo 19 ore di viaggio. Ma ormai ci sono, sono in LA, un taxi e sono in albergo. Troppo facile. Mi metto in fila, c’è coda per il taxi. Ho anni di esperienza di code anglosassoni, mi robotizzo e mi posiziono. Ho lo zaino bagnato. A NY, siccome l’aereo era in ritardo, hanno lasciato i bagagli in attesa all’aperto. Peccato piovesse. Comunque sono in fila, aspetto il mio turno ondeggiando come il una boa nel mare. Arriva il bagnino e mi mostra il mio taxi. Mi infilo nella macchina gialla, vetro scorrevole tra me e l’autista. Per evitare errori, fornisco all’autista indiano un foglietto con l’indirizzo dell’hotel. Sunset Boulevard, Hollywood, ci hanno fatto anche un film con questo nome nel 1950, sono in una botte de fero, tutti sanno dov’è. L’autista: “che città è?”. Pausa. “Sorry?”, gli dico. Magari ho sentito male, sono stanco, a quest’ora il martelletto, incudine e staffa hanno probabilmente dato forfait assieme al timpano. “Che città è?”. Hollywood, diamine, Hollywood, Hollywood! Marlon Brando, Fred Astaire, Donald Duck! Blank. Nada. Vuoto. Ding! Mi fa la domanda risolutiva: “Ti fidi di dove vado o preferisci che metta il...

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Non solo prugne (USA)

In Europa il cofano della macchine mi arriva un po’ sopra il ginocchio. In America oltre la cintura dei pantaloni, praticamente ai gomiti. In America “size matters”, eccome. Tutto è grande nel paese a stelle strisciate. Dalla cilindrata delle automobili alle lattine della Redbull. Qui la coca piccola è quasi un litro. Quella grande è il pacco famiglia europeo. Ma non c’è da stupirsi. E’ il risultato della generosità della natura che ha regalato ai conquistatori (sì, proprio quelli che hanno spazzato via le tribù indiane) spazi infiniti da invadere con ruote, pistoni e sirene. In Europa ci hanno dato uno straccettino di terra e ci han detto: “stringetevi”. Secondo giorno a Los Angeles, la città costruita sull’automobile, l’automobile con la città attorno. Oggi, lasciato alle spalle il baraccone Hollywood, ho fatto un tuffo nell’opulenza di Beverly Hills. Rodeo Drive è la famosa strada con le boutique di tutte le grandi firme della moda, da Versace a Gucci. E come tutte le strade dominate dal branding, ti fa perdere la percezione della geografia. Rodeo Drive come Bond Street, come Via Condotti. Le catene rendono tutti i posti uguali. Rodeo Drive fa parte del Golden Triangle, un fazzoletto di quartiere che si dice sia il più costoso del mondo (ho sentito dire la stessa cosa di Oxford Circus e di Place Vendome a Parigi. Credo che basti che ci sia...

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Italians live longer

Una recente ricerca della prestigiosa rivista medica The Lancet ha messo in evidenza come il popolo italiano (insieme agli spagnoli) sia il più longevo in Europa. La cosa in realtà non credo sia una vera e propria novità, da tempo sappiamo di avere questo primato anche a livello mondiale assieme ai giapponesi. La BBC ha comunque pubblicato un articolo, che potete leggere qui, chiedendosi il perchè, in media, noi italiani viviamo ben 1 anno e 8 mesi in più dei nostri amici inglesi (81.5 anni contro 79.9). Come è possibile che in un paese che ha un’economia peggiore e che spende meno in sanità dell’Inghilterra si viva comunque più a lungo, si chiedono. Mah.. verrebbe da dire, cari amici, con a dieta che avete (ready meals a go-go) e con la felice abitudine del sfasciarsi ogni weekend fino all’età di 50 anni (alla voce binge drinking), non stupisce che arriviate al capolinea un po’ prima degli italiani. Gli scienziati sembrano comunque dire che la cosa non è così semplice e i fattori sono molti (e non si sa quale conti di più). Io comunque, nel dubbio, un ready meal in meno e qualche litro in meno di birra, ogni tanto, me lo farei 🙂 p.s.: leggetevi anche i commenti all’articolo della BBC, piuttosto interessanti.. p.s.2: ho il sospetto che con i tagli alla sanità, l’arrivo del binge drinking anche...

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I’m not my Hair

Sto ancora ridendo per il taglio di capelli che hanno fatto oggi ad un mio collega. Il tipo aveva necessità di una spuntatina veloce ed ha deciso di andare da un barbiere nero di Streatham che sta dietro casa sua. Il risultato è un taglio con la macchinetta con linee hardcore/radicali per definire fronte, basette e nuca. In parole povere, un’omino Lego… Penso che affrontare il parrucchiere sia una delle cose piu’ spaventose quando vivi all’estero. Ricordo ancora la prima esperienza. Ero in quel di Lancaster e andai dal parrucchiere nella piazza centrale del campus universitario, Alexandra Square. La parrucchiera avrà avuto 17 anni esagerando e senza la minima esperienza a livello internazionale. Del tipo, non aveva mai visto uno straniero in vita sua, tanto meno avergli tagliato i capelli. In quel momento non avevo pensato a quali conseguenze andassi incontro. Il gergo parrucchiere in inglese non era il mio forte. Quando mi ha chiesto come volevo i capelli sono entrato in crisi…. ma era troppo tardi. Dopo un buon avvio, in cui le ho impedito di rovinarmi, iniziai ad avvertire la stanchezza ed ho abbassato la guardia. Pensavo che il peggio fosse passato. Il taglio era quasi finito, dopo tutto. Cosa mancava? Ah già le basette!!! Purtroppo prima di scoprire come si dicesse basetta, la stronza aveva già azionato la sua macchinetta magica e una basetta era andata....

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Londra dal secondo piano

“Magari c’e’ un posto libero nella prima fila?”. Lo penso sempre, salendo le scale dell’autobus che portano al piano superiore. Sono a Londra da piu’ di un anno e mezzo e non ho mai smesso di apprezzare un’ altra bella particolarita’ londinese, l’autobus a due piani. Vado sempre al piano superiore e guardo una bellissima citta’ scorrermi al fianco come dal balconcino di un teatro. Il caro autobus a due piani londinese si e’ evoluto col tempo: dopo la guerra cominciarono a diffondersi i vecchi Regent della AEC e Titan della Leyland che avrete visto in quelche vecchio film, quelli col grosso radiatore verticale anni trenta. Questi autobus avevano gia’ il frontale asimmetrico – con la cabina del conducente a fianco del cofano del motore – che divenne cosi’ famosa in seguito. Tipico era inoltre il sano spirito pratico che informava la vita prima dell’ossessione della “health and safety”: la parte posteriore era aperta e potevi scendere dall’autobus sanza essere, come oggi, tenuto in ostaggio nel mezzo di oxford street, in una selva di semafori rossi, la prossima fermata un lontano miraggio; potevi perfino – incredibile dictu – scendere o salire in corsa! C’e’ da tremare al pensiero che ci sia stato un tempo nel quale si lasciava al singolo la scelta di decidere, tutto da solo, se e quando qualcosa era pericoloso…. delle innumeri stragi che questa mentalita’...

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Vado al Massimo

Sono le 3 del mattino e sono seduto sul mio letto in un Hotel da qualche parte in Città del Messico. Non riesco più a dormire per via del fuso. Per me sarebbero le 9 del mattino e a questa ora sono solitamente in piedi. In genere la mia sveglia suona alle 8:30 ed il mio orologio biologico mi ricorda che dovrei già essere in metropolitana. La parte divertente è che sono praticamente esausto dopo 11 ore di volo. Era la prima volte che passavo così tanto tempo su un aereo e devo dire che non è un’esperienza positiva. Ranicchiato in una poltroncina in economy non sapevo proprio come riempire il mio tempo. Leggere? Ci ho provato ma la luce mi dava fastidio. Dormire? Ok, era un’opzione, ma dietro di me c’erano due tipi messicani che facevano un casino incredibile e che, complice una super dose di vodka lemonade, hanno iniziato a cantare tutto il loro repertorio in stile mariachi (andale, andale, arriba, arriba…). Fortunatamente per ragioni di sicurezza i chitarrozzi e i sombreros sono rimasti a terra. Ho anche provato a farli smettere. La prima volta da vero gentiluomo ho fatto notare che il tono dei loro stornelli era troppo elevato. Tutto ok per 20 minuti. Poi, dopo un altro paio di vodka lemonades, hanno ricominciato. La seconda volta gli ho spiegato con tono seccato che intendevo che...

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A raven cried “Croack” and they all tumbled down

Mercoledì mattina, il mio giro turistico parte dal Tower Bridge, opera geniale di ingegneria civile e di architettura vittoriana, in uno stile gotico-fantasioso, che fa un pò Disneyland. Piove e c’è un ventaccio freddo; con la fedele guida blu in mano, l’indice tra pagina 102 e pagina 103, l’ombrello inutilizzabile sotto l’ascella -tipo baguette – e il cappuccio del soprabito calato in testa, sembro il Gobbo di Notre Dame! Ho rimediato 2 ingressi gratuiti per la Torre di Londra, che infatti non avevo mai visitato prima, a causa dell’esoso prezzo del biglietto (quindici pounds), e, come un novello Aigor , attraverso trotterellando il ponte per incontrare un’ amica e proseguire con lei il giro turistico. La Torre di Londra è un complesso di edifici interessanti, tra i più antichi in città. Per certi versi si tratta di un medioevo ricostruito, ad uso turistico, con stanze ridipinte di fresco e re e giullari che vagano tra le mura addentando panini nell’ora di pausa. Al tempo stesso è un luogo che trasuda storia e tradizione, da un lato corone e scettri regali incrostati di diamanti grossi come uova e dall’altro celle umide e anguste, intessute di graffiti e disperazione. Qui, tra orgogliosi Beefeaters e corvi ben nutriti, che non possono e non devono volare via, le epoche si mescolano in un crogiuolo di stili diversi: finestre tudor, mura normanne, street-lamps vittoriane...

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Piccole cose

Lo stare in Italia per me ha il sapore delle piccole cose… dei piccoli piaceri… il calore della gente, il marmo rosa a Verona che si scalda al sole, il caffe’ fatto con la macchinetta a casa di mio padre, il giretto in moto sulle colline, il bicchiere di vino in piazza il sabato prima di pranzo… piccole cose… Mi piace ritornare a casa mia, in un paesotto nelle campagne del profondo nordest… mi piace tornare a quel ‘piccolo mondo antico’… mi piace camminare per quella strada che passa davanti alla chiesa di famiglia, alle case di nonne e zie fino all’ufficio di mia madre… mi piace il calore dei vacchietti con cui mi fermo a fare 2 chiacchiere… Un mondo con un sapore familiare dove ancora il dottore e il parroco vano a trovare la gente a casa, dove la sarta passa il pomeriggio a cucire a casa di mia nonna per figli, nipoti e bisnipoti… Un mondo di cui riesco ancora a sentirmi un po’parte, nonostante ormai abbia ben pochi amici rimasti li… eppure un mondo che ancora nn riuscirei ad accettare completamente, ancora non sufficiente a farmi pensare di tornare… nn...

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Guess Who’s Back

È ormai un mese e mezzo che non mi faccio più vivo e inizio a ricevere messaggi che mi chiedono se sono ancora un uomo libero o se sono stato rapito dagli alieni. La verità è che il lavoro mi tiene prigioniero in questo momento e che non ho una vita al di fuori del programma al quale sto lavorando. A dire il vero sto seguendo 3 progetti che mi hanno portato in giro per il mondo. Per le scorse 6 settimane, il Marziano World Tour ha toccato le sequenti città. Manchester, Città del Messico, Capulapan (Messico), Charlotte (North Carolina), New Bern (NC), Beaufort (NC), Greenville (NC), Boston (Massachusset), Provincetown (MA), Washington, Glasgow, Chester, Bristol, e Birmingham dove ho lavorato per quasi 3 settimane facendo avanti e indietro fra Londra e Birmingham ogni 2 giorni. Ho perso il conto degli aerei e dei treni sui quali ho viaggiato e degli hotel in cui ho dormito. Questo viaggiare ininterrottamente mi fa ripensare a un sacco di cose. In primis ho capito che non sarei mai in grado di essere una rock star. L’idea di dormire in un letto diverso ogni notte mi farebbe rabbrividire. Quindi ho ufficialmente archiviato i miei progetti di diventare il nuovo Keith Richards. Anche perché l’ultima volta che ho toccato sostanze stupefacenti ho dovuto sopportare un’abominevole emicrania per una settimana! Tuttavia sono sempre a disposizione delle...

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Very Punk Indeed.

In treno con noi, alla fine del concerto, c’è una famiglia. I genitori sono due persone normali, due quarantenni che vedreste il sabato pomeriggio al supermercato, con il carrello carico delle provviste per la settimana. La figlia avrà otto, nove anni. I capelli sono raccolti ai lati da due lunghe trecce; sopra sono incollati in una lunga cresta; nella maglietta campeggia la copertina del quarto album dei Rancid, LIFE WONT WAIT. Il figlio avrà dieci, undici anni. I suoi capelli, tinti di rosso, sono tutti sparati in aria; i pantaloni attillati hanno una fantasia scozzese a quadri, su sfondo colore rosso. Questa famiglia è un fenomeno. Immagino i loro genitori alla mia età, punk duri e puri con la passione per un gruppo appena emerso nelle scene musicali come perfetto erede dei Clash e dei Ramones. I Rancid. Forse anche loro si facevano le cassette con le compilation delle loro canzoni migliori. Forse anche lui li aveva fatti conoscere a lei. Forse anche lei li cantava durante i viaggi in macchina. Due ore prima il palco si oscura davanti a me, a pochi metri dalla transenna. Stuart è dietro. “Soon! Very soon!” non smette di dire. Poco prima scherzavamo su un tipo con la cresta rossa, il chiodo con gli spuntoni e gli anfibi pesanti. Abbiamo immaginato che all’uscita ci fosse la mamma ad aspettarlo in macchina, abbiamo immaginato...

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Molto Pittoresco!

C’era una volta, a Firenze, una pala d’altare dipinta da Frate Angelico nel lontano 1439 per la chiesa del convento di San Marco. La pala restò al suo posto per tanti secoli, rischiarata dalle candele e incensata dai riti quotidiani, finché un giorno, un francese di nome Napoleone, decise di condurre una campagna in Italia per conquistare “onore, gloria e ricchezze”. Il 29 giugno 1796 questo ventisettenne ambizioso giunse a Firenze, dove aveva anche uno zio canonico, e tra confusione, razzie e andirivieni di soldati, l’opera del frate Angelico fu smembrata in tanti pezzi diversi, che finirono assai lontano, in Germania e poi anche negli USA. Tuttavia, due di questi pezzi non si trovavano più e gli studiosi, consideravano la pala incompleta. Ma c’è un’altra storia. C’era una volta, in Inghilterra, una signora inglese, tale Jean Preston, che era molto colta e sapeva decifrare le scritture dei manoscritti medievali. Era talmente brava che negli anni Sessanta l’avevano chiamata a lavorare come curatrice per un’università della California. Mentre era laggiù, la signorina Preston pensò di fare un bel regalo a suo padre e acquistò due dipinti su tavola, di scuola italiana, raffiguranti dei santi monaci, dall’aria ascetica e meditativa. Il signor Preston fu molto felice del dono e quando morì, nel 1974, lasciò i due santi monaci ritratti su fondo dorato in eredità a quella sua figlia tanto studiosa e ispirata....

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THE MOST IMPORTANT MEAL OF THE DAY…

Adesso si che mi sento cambiata. E’ avvenuto l’impensabile. Rinnegatemi italiani se volete, vi capisco! Ho raggiunto l’apice dell'”inglesizzazione”. Non si tratta piu’ di scusarsi diecimila volte o di parlare perennemente al condizionale. Passi pure il restare incollati alla televisione di sabato sera per vedere X Factor, ma a tutto c’è un limite e vi do regione. E’ successo. Non voglio giustificarmi con voi, voglio solo tentare di farvi capire come sono andati realmente i fatti. Quasi mi vergogno a raccontarvelo, ma se ve lo confido magari mi sento meglio, giusto per togliermi il peso dallo stomaco. L’altra mattina… in cucina… per la prima volta…ho preparato un’English Breakfast. Pfuuuu. L’ho detto. Non fate quelle facce scandalizzate, lasciatemi spiegare. Non ho completamente abbandonato brioche e cappuccino, solo la brioche. English breakfast e cappuccino, ancora non ho avuto il coraggio di dirlo a mia mamma. Le cose sono andate così. Quella mattina mi sono alzata con una voglia matta di Scramble Eggs. Non leggete con quell’ aria sconcertata. Da quando ho mangiato per la prima volta scramble eggs, la mia concezione di colazione è stata completamente sconvolta. Volevo quelle uova strapazzate e, per risparmiare i £4 di spesa in un café, me le sarei preparate da sola. Consulto il mio ricettario di fiducia: Google. 1,740,000 risultati per Scramble Eggs. Scelgo la ricetta che mi ispira di piu’ tra le prime cinque...

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Saturday Morning Fever

Sabato. 9:30. Ho appena aperto gli occhi dopo una lunga notte in cui il mio sonno è stato interrotto svariate volte. Vivere a Brixton non è sempre un piacere. I miei vicini fanno più casino degli Osbournes quando Ozzy ancora si sniffava il Perù e purtroppo io ultimamente ho il sonno leggero. Un po’ come la principessa sul pisello. Ma molto più leggero. Inoltre la mia camera è un po’ fredda e stanotte avevo freddo. Anzi, sto ancora tremando. Nonostante abbia il gas a palla, non c’è verso di riscaldare la mia stanza da letto. L’unica cosa che sembra funzionare è un caldobagno DeLonghi che il mio padrone di casa mi ha lasciato in eredità. Ma ogni volta che lo accendo anche solo per 10 minuti, il mio impianto elettrico va in corto. Quindi, sto sinceramente valutando la possibilità di investire in una borsa dell’acqua calda. Ci sono ovviamente pro e contro. A dire il vero c’è un pro e un contro. Il pro è che eviterei l’assideramento notturno e il contro invece sta nel fatto che perderei parte del mio già discutibile sex appeal. A 28 anni non so se me la sentirei di dare l’ultima spallata al mio fascino. Borsa dell’acqua calda e calzettoni a letto sono legittimi solo dopo i 65. Non penso che nessuna donna, nel pieno delle sue facoltà mentali, si sognerebbe di passare...

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L’Estate Sta Finendo

L’estate sta finendo, e un anno se ne va. Sto diventando grande, lo sai che non mi va ah ah ahhhh. Continuano le citazioni degli anni ottanta, che fanno sempre la loro porca figura. Se pensate che nel post di oggi si parla di fine dell’estate come periodo triste, vi sbagliate di grosso. Io, infatti, a differenza dei Righeira, adoro l’autunno. Sono nato l’ultimo giorno d’estate e di conseguenza l’autunno è la prima stagione in cui ho vissuto e ho fatto le mie prime esperienze (niente di eccitante, le solite cose: pipì, ruttino e cosi via). E poi c’è quest’aurea poetica che pervade le giornate autunnali. Le foglie ingiallite che si depositano sui marciapiedi, le giornate che si accorciano, le prime piogge pesanti e la vendemmia. Quest’atmosfera malinconica stimola la mia fantasia e quindi penso che sarà un periodo prolifico sia per quanto riguarda il mio lavoro che per il mio blog. Purtroppo l’autunno mi rende anche abbastanza vulnerabile sotto il profilo sentimentale. È un paio di anni che per me l’inizio dell’autunno coincide con l’inizio o la fine di storie importanti. E quest’anno ero intenzionato a non farmi fregare. Il problema è che quando si parla di signorine la mia forza di volontà spesso vacilla e tutto va a finire a puttane (metaforicamente parlando). È un paio di settimane che mi sono imposto un rigido programma di disintossicazione...

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EXTRA EXTRA… READ ALL ABOUT IT!

Trovare lavoro come comparsa per televisione e cinema è il sogno di molti, riuscire a mantenersi con un lavoro del genere è un’utopia. Chiariamo alcuni punti. Lavorare come “extra” non vuol dire recitare. Un background artist non è un attore, ma una qualunque persona casalinga, studente, selfemployed, o comunque con un qualsiasi lavoro flessibile al punto da riuscire ad accettare last minute jobs per arrotondare lo stipendio. Non bisogna aver studiato recitazione per essere un extra, né tanto meno essere fotogenici. Basta essere persone comuni. Diventare una comparsa a Londra è relativamente semplice: bisogna registrarsi in una Casting Agency. Di agenzie di casting ce ne sono una valanga, ma quelle valide e con le carte in regola si possono contare su una mano. Per prima cosa tenete presente che la Casting Agency non vi chiederà né book fotografici, né tantomeno soldi “upfront”. C’è una registration fee annuale, in genere di £50, che verrà detratta dal tuo primo lavoro. Sarà poi l’agenzia stessa, al momento della registrazione, a farti due foto per il loro archivio, un primo piano e una a figura intera. L’unica difficoltà vera e propria è riuscire a registrarsi, in quanto registrano solo una volta l’anno e la domanda è alta. Una volta registrati poi, non pensate di venir chiamati subito per un lavoro, possono passare dei mesi, e in genere ti danno pochi giorni di notice....

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Tripletta in travaglio

Almeno tre post aspettano di vedere la luce, ma nn c’e’ mai tempo per sedersi e scrivere… Ieri sveglia all’alba, 7am… mi ero dimenticato l’esistenza delle 7 di mattina… lavarsi, vestirsi,ciuffettino farsi, salto sull’autobus, destinazione Wimbledon… il primo ostacolo lungo la mia strada verso fama e impronta delle mani nel cemento a Leicester Square e’ rappresentato dalla coda che si snoda da ognuna delle biglietterie automatiche della metropolitana di Wimbledon fino quasi in strada… alzo gli occhi al cielo, pensiero benevolo al non aver ancora fatto la tessera dei trasporti pubblici dopo 2 anni che sono qui. Finalmente raggiungo il treno e mi posso rilassare lasciandomi trascinare in piacevole discussione con distinto 30enne sul fatto che prendermi a gomitate nella schiena spolverandosi la giacca nn rappresenta un modo gentile per farmi notare che ho qualche cm di spazio libero davanti a me. Raggiungo Fulham, dotato di mappa “London A to Z” percorro a grandi passi il tragitto che si frappone tra me e il bar spagnolo… mi viene alla mente il Rag. Filini che si muove fiducioso con mappa… La Rueda, arrivato. Dopo un paio di minuti che un losco individuo sbircia tra porte semi-aperte del locale, il fotografo realizza che il losco individuo sono io, mi saluta e mi mette un caffe’ in mano… ottimo inizio, visto che sono gia’ passate 2 ore da quando mi sono trascinato...

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People from Ibiza

Giovedì sera. 6pm. Esco dal lavoro con la mia sacca Roncato sotto braccio, destinazione Ibiza. Chi mi conosce sa che Ibiza non sarebbe la mia destinazione ideale. La house/trance music mi fa vomitare e non sono neanche un appassionato di droghe. I miei amici sono riusciti a convincermi del fatto che avessi bisogno di sfogare tutta la tensione accumulata in queste ultime settimane e inoltre ero estremamente curioso. Arriviamo ad Ibiza all’una di notte e prendiamo un taxi per Sant’Antoni nel nord dell’isola. Una volta depositate le valigie, andiamo in centro per vedere che aria tira. La gente nella quale m’imbatto è stranamente familiare. Com’è possibile? Io qui non ci sono mai stato e gli Ibizici (come minchia si chiamano gli abitanti di Ibiza?) non sono mai venuta a trovarmi a Brixtonia, nonostante i numerosi inviti a cena. E come mai capisco il loro idioma pur non avendo mai studiato Ibizico (vedi sopra)??? La risposta è facile e anche un sempliciotto come me c’è arrivato dopo un paio di minuti. Gli Ibizici in realtà non esistono, l’isola è stata colonizzata dagli inglesi anni e anni fa. Proprio come un cancro, un’armata di Kev in Tracksuit spedita dalla regina ha pian piano eliminato fisicamente gli Ibizici tramite sacrifici agli dei inglesi e cannibalismo. Gli indigeni sono quindi stati rimpiazzati con altri tamarri anglosassoni. Questo genocidio è passato inosservato a tutte...

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Intervista a Pacifico (in onda domani!)

Eccomi di rientro, dopo aver trascorso una manciata di giorni divisi tra Laguna veneziana e Milano. Non voglio annoiare nessuno con le mie banali elucubrazioni sulla difficoltà di intraprendere un viaggio in aereo in questo periodo. Persino i voli “no frills” hanno trasformato l’autobus volante in una meta raggiungibile soltanto dopo ore di controlli, una sempre più esigente dose di pazienza e un pizzico di fortuna. Altro che “senza fronzoli”. Anyway, domani in diretta vi racconto le peripezie degli ultimi giorni. Intanto ci tengo a confidarvi che in Italia ho avuto il piacere di conoscere e intervistare Gino de Crescenzo in arte Pacifico. Talentuoso musicista alla terza prova discografica, Pacifico è anche un finissimo manipolatore della parola che ha prestato la propria capacità di scrittura ad altri grandi artisti – da Samuele Bersani a Gianna Nannini, passando per Adriano Celentano e molti altri! – producendo deliziose canzoni di successo. Schivo paroliere dalla voce intensa almeno quanto lo sono i suoi bellissimi occhi, ha condiviso con The Italian Job il suo originale percorso artistico. Questa chiacchierata – per la prima volta tutta in italiano! – andrà in onda domani. L’appuntamento, dunque, è come sempre da mezzogiorno. Vi aspetto, così come aspetto le vostre mail a gabriella@lifefm.org.uk A...

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ATTENZIONE!

La trasmissione di oggi va in onda in versione ridotta su SKFM, www.skfm.org.uk. Ci scusiamo per il disagio!!!!! Per ascoltare oggi The Italian Job, con l’intervista a Pacifico, sintonizzati da mezzogiorno sul sito di SKFM. La mia mail, invece, e’ sempre la stessa...

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Ode al re sole

Londra sotto il sole e’ un’altra cosa. E’ cosi bella, cosi colorata, cosi attraente… come resisterle? Sono giorni che passeggio per Londra, mi sento in vacanza, mi sento una turista, mi sento… felice! Passo (poco) tempo al computer ma dall’Italia ho portato parecchi nuovi dischi quindi venerdi mi raccomando, sintonizzati su LifeFM perche’ ce ne saranno delle belle… Tra le anticipazioni, una chiacchierata con Omar Pedrini. Imperdibile! Attendo richieste, commenti e domande per Omar come sempre a questa email> gabriella@lifefm.org.uk. Per il momento, torno al sole, finche’...

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Scaletta 22 Settembre 2006

Ecco i brani mandati in onda nella puntata di ieri, The Italian Job. A breve sarà disponibile il podcast della puntata, inclusa l’intervista a Omar Pedrini. Stay tuned! gabry x 1. TIZIANO FERRO Stop! Dimentica 2. CLUB DOGO Cani sciolti 2006 3. AFRICA UNITE Sotto pelle 4. JOVANOTTI Mi fido di te 5. ELISA & TINA TURNER Teach me again 6. RADIODERVISH Amara terra mia 7. CARMEN CONSOLI Maria catena 8. SAMUELE BERSANI La soggettiva del pollo arrosto 9. BARBARA CAVALERI Aria 10. GIANNA NANNINI Sei nell’anima 11. LIGABUE L’amore conta 12. CAPSICUM TREE Eleanor Rigby 13. SERGIO CAMMARIERE Nessuna è come te 14. NICKY NICOLAI E la chiamano estate (LTN MACHINE RMX) 15. GIANLUCA GRIGNANI Bambina dallo spazio 16. PLANETFUNK Laces 17. BENNATO & BRITTI Notte di mezza estate 18. ZUCCHERO Diavolo in me 19. FLAMINIO MAFFIA feat. MAX PEZZALI 1. OMAR PEDRINI Shock 2. OMAR PEDRINI La follia 3. OMAR PEDRINI Ragazzo non avere paura 4. OMAR PEDRINI Amore...

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Intervista a Manuel Agnelli (Afterhours)

Nonostante le numerose date realizzate negli Stati Uniti e in giro per l’Europa, ieri i mitici Afterhours hanno calcato per la prima volta un palco londinese (quello di The Fly su New Oxford Street, grazie anche all’energetica Emma!). Un sogno che si avvera per il cantante del gruppo Manuel Agnelli, che ha condiviso con The Italian Job quattro chiacchiere in inglese. L’intervista andrà in onda venerdì 29 settembre 2006 come al solito da mezzogiorno alle 2, nell’ultima puntata dell’appuntamento estivo. Ma The Italian Job ripartirà presto, anzi prestissimo, in una versione invernale decisamente più imbottita per affrontare le lunghe giornate invernali. Se vuoi mandarmi qualche richiesta speciale o qualche pensiero per l’ultima puntata, l’indirizzo è, come sempre, gabriella@lifefm.org.uk. A venerdì! PS se hai tempo, fai un salto su...

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Honi soit qui mal y pense

Dato che avevo la giornata libera, ne ho approfittato per vedere un’amica a pranzo. Bighellonare mentre il resto del mondo lavora è un’arma a doppio taglio: a volte mi assale una specie di depressione e mi sento inutilmente stanca, come un nuotatore impazzito che si sbraccia annaspando nella direzione opposta a quella di gara; altre volte assaporo la condizione privilegiata di non dover fare file, di non incrociare migliaia di sventurati pendolari sul mio cammino e di trovare sempre un posto libero, sia sul bus, che al ristorante o al cinema. Per l’incontro conviviale sono rimasta in zona e la scelta è caduta su un locale pseudo-francese di qualità accettabile. Poi, la mia amica, pressata dagli impegni, mi ha salutato in fretta e furia non appena terminato di pranzare e io ho deciso di restare a Greenwich a fare un pò la turista pelandrona. Dato che c’era un mercatino in via di sbaraccamento dietro la chiesa di St. Alfege, sono andata a curiosare tra i banchi semispogli e mi sono soffermata su quello di una tipa che nell’aspetto tradiva lontani trascorsi da figlia dei fiori. Tra una chiacchiera e l’altra, ho comprato un libricino di massime, pensieri e citazioni di personaggi celebri stampato a Londra nel 1905, una cartolina italiana -stessa epoca – del celebre Golfo con Vesuvio e pino marittimo, e una collana in vetro, effetto ametista (tutto...

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Scaletta del 29 settembre

Eccoci qui, le canzoni dell’ultima puntata di The ITalian Job, appena mandate in onda, assieme all’intervista a Manuel Agnelli. Tra poco sara’ disponibile la versione in podcast per poterla riascoltare, appena la metto su vi avviso… JETLAG feat. RAF E’ necessario NEFFA Il mondo nuovo COR VELENO Dillo un’altra volta GIANNA NANNINI Io JOVANOTTI Falla girare AMIR feat. NEFER Shimi (BASSI MAESTRO rmx) TILAK Evocazione/silenzio FRANCO BATTIATO Perduto amor DOTTOR LIVINGSTONE Tutto è relativo CAPAREZZA La mia parte intollerante MARCO PARENTE La mia rivoluzione PACIFICO L’incompiuta AFTERHOURS Bye bye bombay AFTERHOURS The thin white line AFTERHOURS Ballad for my little hyena LIGABUE Cosa vuoi che sia VERTIGINI Call me crazy RADIODERVISH Tu si na cosa grande VINICIO CAPOSSELA Moskavalza LUNAPOP 50 special PATRIZIA LAQUIDARA Agisce SIMONA SALIS Su chi mi praxidi L’AURA Una favola PIERO MAZZOCCHETTI Amore mio ELISA Electricity PLANETFUNK Stop...

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SO LONG AND THANKS FOR ALL THE BUNNIES!

La pioggia di Cagliari mi ha detto con la voce di Mike Patton che la vita non è una storia a bivi di Topolino e i muro contro cui sbattiamo non vengono sfondati con la nostra sagoma, ma lasciano i segni dei mattoni in faccia. Per questo quando Mirka si e` avvicinata, appena sono tornato in negozio, e mi ha fatto i complimenti io le ho chiesto “che cosa ho fatto?” Mezz’ora prima in metropolitana un ragazzo stava leggendo un libro intitolato “Come trasformare la passione in profitto”. Io ascoltavo una canzone dei Faith No More intitolata “The gentle art of making enemies” e la chiave del successo era lontana da me esattamente quanto dall’attento lettore di manuali di vita. Bill Gates aveva la passione per i computer e per questo li raccoglieva dalla spazzatura. Forse ascoltava altra musica, difficilmente leggeva manuali di vita, fatto sta che è diventato l’uomo più ricco del mondo. Ora le soluzioni sono tre: – diventi ricco coltivando la tua passione. – diventi ricco leggendo manuali che spiegano come diventare ricchi. – diventi ricco scrivendo manuali su come diventare ricchi. Io quale di queste tre sia giusta non l’ho ancora capito. Per questo quando Mirka mi ha detto “come, non hai saputo?”, io ho risposto “No, dimmi cosa è successo.” Se dovessi scrivere un manuale di vita so bene come lo intitolerei: “Come laurearti...

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Gli sciacalli

Leggere attentamente le avvertenze: questo e’ un blog di protesta. Un po’ lagnoso. Al limite un po’ rompipalle. Per niente picci’. Per varie ragioni, ma particolarmente perche’ mi hanno rovinato un pranzo. E a me da’ fastidio, quando mi rovinano il pranzo. Ieri, circa la mezza, i tre canali di attualita’ BBC 24 hours, channel 4 e Sky in un raro momento nel quale non trasmettono previsioni del tempo, sport o pubblicita’, trasmettono veramente il telegiornale. Tutti e tre con lo stesso argomento. A me e’ sempre sfuggito come mai qualcuno debba mettersi davanti alla tivvu’ per apprendere tutti i dettagli su come, a un oceano di distanza, qualcuno abbia deciso di fare un massacro. Per cui cambio subito canale, posto che la triste notizia mi sembra presto detta e tutto cio’ che va oltre mi sembra alquanto macabro, squallido anzicheno’ e francamente un po’ da guardone. Poi sto mangiando, e il mangiare e’ un pilastro della civilizzazione occidentale, un atto da consumare in serenita’, altrimenti fa male alla digestione. Poi mi da’ fastidio la vista del sangue, anche se non lo vedo. Poi mi da’ fastidio lo sciacallaggio. Dunque lascio perdere, passo ai documentari, dopo un 20 minuti e quasi alla fine del mio sereno pasto torno bel bello sui canali di informazione per sentire un po’ di, ehem, telegiornale. Sai com’e’, mi dico, abbiamo piu’ di un...

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Edwardians

Il mondo moderno. Siamo abituati a pensare che si sia colorato con il boom economico, dopo la Seconda Guerra Mondiale, e che tutto quello che c’è stato prima si fosse svolto in toni più o meno drammatici, tra contrasti di bianco e nero, seppia o scale di grigio. Invece, i colori c’erano già, li avevano inventati i Fratelli Lumière, nel 1903, grazie ad un procedimento all’amido di patate, chiamato autochrome. Quando la nuova tecnica fu rivelata pubblicamente, il banchiere Albert Kahn, allora l’uomo più ricco d’Europa, fu così entusiasta di ciò che vide, da voler creare un inventario fotografico di tutte le meraviglie del pianeta. A sue spese, Kahn inviò 14 fotografi in giro per il mondo. Furono scattate più di 72.000 foto e oltre 100 ore di filmati autochrome. L’uomo morì in miseria, nel 1940, dopo essere stato colpito dalla crisi del ’29 e aver dichiarato bancarotta nel 1934. Fortunatamente, il suo Archivio del Pianeta fu acquisito dallo stato francese e preservato in un museo. Proprio in questi giorni, il quarto canale della BBC dedica una serie di cinque puntate all’inestimabile lascito. E’ incredibile come le foto a colori riescano a rendere tutto più vivido e vicino. Sembra che 100 anni non siano passati, che i soggetti immortalati siano ancora tra noi, che sia ancora possibile camminare in una Piccadilly deserta, stringere la mano al venditore serbo di...

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il re dei cazzari

Trovare casa a Londra è un’impresa che richiede forza, costanza e capacità di non perdersi d’animo. Vederete le case più brutte proposte a prezzi inaccessibili, calpesterete le moquette più luride e vi troverete ad amminare gli intonaci dai colori più improponibili. Ma soprattutto avrete a che fare con delle vere e proprie associazioni a delinquere: le estate agency. Esistono ampia letteratura e studi approfonditi sull’argomento, non da ultimo un servizio della BBC, ma nulla vi potrà preparare a questo vero e proprio incubo. E in particolare sarà traumatico l’incontro con il peggiore di tutti mali, l’apoteosi del cazzaro: l’agente immobiliare. Appartenente alla categoria votata come la più odiata in Gran Bretagna, il cazzaro è caratterizzato da: bella presenza (o presunta tale), abbigliamento smart (completo scuro inamidato, ma niente cravatta…il cazzaro è, si, un figo, ma anche uno di noi), senso dell’umorismo alquanto dubbio e soprattutto dal fatto che lo trovi a bordo di una Mini Cooper con il logo aziendale (ecco, se state attraversando la strada, malauguratamente, proprio in quel momento, scansatevi SUBITO, il cazzaro, tipicamente, ha molta fretta e moltre persone da truffare). Non dovete mai credere al cazzaro, mentire è nel suo contratto di lavoro, se non lo fanno vengono licenziati. Flat searching. Luisa: “Quanto dista quest’appartamento dalla tube?” cazzaro: “5 minuti” Google maps dice 20. Si firma il contratto. Luisa “Perchè c’è scritto part-furnished? Ci avevate...

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il bar code: un contributo alla vita sociale dei timidoni

Esser single non e’ facile. Esserlo a Londra ancora meno. I ragazzi sono o timidi o troppo ubriachi. La citta’ e’ troppo vasta e i ritmi troppo frenetici. Insomma, si pensa che al moltiplicarsi dei numeri corrisponda un moltiplicarsi delle possibilita’. E invece no. Ve lo conferma una single impenitente. Ma a salvare noi poveri single timidoni arriva dall’America un’invenzione destinata a scombussolare il rito del “would you like something to drink?”: il bar code (no, non il codice a barre, ma il codice da bar) ovvero un linguaggio dei segni appositamente codificato da due americane, Lili Bet Foster e Lynn Fischer, per permettere di rimorchiare con facilita’ e superando l’imbarazzo. Cioe’ in pratica ti stai bevendo il tuo drink, noti una topolona e voila’, basta, chenneso’, puntarsi un dito alle tempia o sul naso per dirle “mi piaci”. Ma secondo voi se sono seduta in un pub e un tizio, mettiamo che sia pure carino, si mette a farmi strani gesti, dopo aver appurato che non sia pazzo ma solo un timido broccolatore del III millennio, ci vado magari fuori a cena? Qui non ci...

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il molestatore non veste Calvin Klein

La tube d’estate e’ un vero incubo. Per la precisione, e’ un incubo sempre: affollata, in ritardo, spesso non funzionante, infestata dai topi, ecc. Ma con il caldo tutto sembra acquistare proporzioni maggiori. C’e’ piu’ gente, le persone in media puzzano molto di piu’ e, udite udite, si triplicano i casi di flesher, i molestatori, in particolare quelli che amano esporre parti del proprio corpo che la gente normale preferisce tener celate nella biancheria intima. E’ quello che e’ successo ad una povera ragazza, seduta sul suo treno come ogni mattina, intenta nella lettura. Ecco che alza gli occhi un attimo e un distinto signore, con nonchalance, si sbottona i pantaloni. La poveretta distoglie lo sguardo e cerca di concentrarsi sul suo libro, almeno fino a quando non riesce a sfuggire alla prima stazione. Il problema e’ che qualche giorno dopo sullo stesso treno, di fronte alla stessa ragazza, risale lo stesso signore e riespone nuovamente parte di se’, come fosse una cosa normale, del tipo togliersi la giacca o sbottonarsi il primo bottone della camicia. Daltronde inizia a fare caldo, anche a Londra. Ma la donnina e’ sveglia (dopo tutto noi donne che viviamo a Londra siamo abituate ad avere a che fare con maniaci e gente bizzarra) e armata di cellulare fotografa l’osceno con tanto di arma del delitto. Il problema e’ che, apparentemente, viene fatto un...

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Prove your age

Sabato sera mi fermo a prendere una bottiglia di vino al supermercato. “Can I see your ID card, please?” -Cosa vuole questa? la mia carta d’identita’?- “PARDON?” “Sorry, devo solo controllare l’eta’. Non possiamo vendere alcolici a minori di 21 anni” Adesso vorrei lanciarmi in una disquisizione sul consumo di alcohol tra i minori, su come in questo Paese si sia giustamente rigidi e non ci sia modo di eludere le regole (anche le topolone non entrano nei locali se non hanno almeno 21 anni, non c’e’ minigonna che tenga). Non posso. Vi prego, lasciatemi questo momento di orgoglio: Luisa dimostra 7 anni di...

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Neal’s Yard

Londra e’ una citta’ piena di sorprese e angoli nascosti. Uno di questi e’ Neal’s Yard. E’ incredibile approdare in questa oasi di tranquillita’, specialmente se siete emersi dalla tube in una delle stazioni piu’ affollate: Covent Garden. Super turistica e super frequentata nel weekend, tanto che la signora Tube in persona richiede gentilmente di non utilizzare questa fermata a meno che non sia proprio indispensabile. D’altra parte la distanza che separa Covent Garden da Leicester Square e’ davvero minima: 5 minuti a piedi, poco piu’ in un minuto sulla metropolitana. Ma tante’ che qualcuno non vuole perdere l’occasione di sbarcare a questa stop leggendaria, si dice anche abitata da un fantasma. Tra questi qualche impavido magari decide anche di fare compagnia al suddetto fantasma, rischiando la vita nell’affrontare i 195 scalini che la separano dalla superficie. Non esistono scale mobili in questa stazione, che con i suoi 100 anni e l’incredibile numero di visitatori, rischia davvero di collassare. Ma siete ancora la sotto?? Ah, si…ovviamente anche salire sugli ascensori richiede pazienza. E anche quando siete riusciti a emergere e vi sembrera’ di essere scampati dalla folla, nemmeno il tempo di respirare e ne sarete sommersi di nuovo, fuori dalla stazione. Ecco, si, avete bisogno di Neal’s Yard. In origine casa di un’industria casearia, che ancora ne porta il nome, ma che, per esigenze di spazio, si e’ dovuta...

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dichiarazione d’amore

“When a man is tired of London, he is tired of life.” Samuel Johnson Giovedi notte di ritorno da un date. Il tizio in questione e’ un perfetto gentleman inglese, ha scelto il ristorante perfetto, ha intavolato una conversazione perfetta, ha scelto il vino perfetto. E ovviamente e’ di una noia mortale. Piove, ma di quella pioggerellina sottile di cui Londra sembra avere il copyright. La Tube, manco a dirlo, non funziona. I Cab sembrano essere presi d’assedio dai bancari appena usciti dall’ufficio. Ma… Attraverso Blackfrians Bridge. Il ponte e’ quasi deserto, metto l’ipod a tutto volume e guardo lei..la mia Londra, ricca di contraddizioni, illuminata e silenziosa, immobile nel turbinio del vento e dei miei pensieri. E vorrei dedicarle la canzone che sto ascoltando. E vorrei trovare delle parole per raccontarvi di come questa sensazione mi ripaga di tutto: del clima, di 4 mesi trascorsi a cercare casa, della velata nostalgia, delle distanze impercorribili per raggiungere ogni luogo, della tube che non funziona mai, della paura degli attentati. Vorrei spiegarvi cosa vuol dire esserne innamorati. Dedicato a chi si sente...

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THE WILD LIFE GARDEN

Un’amica londinese e’ andata in finale come “Volunteer of the Year 2007”. Quando penso alla parola “volontariato”, la collego spesso a “ospedale”, “assistenza”, “ambulanze”, etc. anche se in realta’ ce ne sono una miriade di altri tipi e di persone che nel loro piccolo, che non e’ mai poi cosi’ piccolo, dedicano a quest’altro “volontariato” parte del loro tempo libero. Charlotte lavora in un gardening centre e si sta laureando in botanica. La sua passione per la natura l’ha portata alla realizzazione di un grande progetto. Era gia’ da un po’ di tempo che osservava dalla finestra di camera sua un giardino condominiale totalmente abbandonato, usato soltanto dai passanti come “trash can” o “public toilet”. Il giardino si trova a Old Street, a due passi dalla stazione. Charlotte ha chiesto al Council se poteva prendersene cura, ottenendone le chiavi e completa autonomia per salvaguardarlo.. A distanza di un anno dal progetto iniziale (che era quello di ripulire il giardino) e’ nato un progetto molto piu’ grande: il WILD LIFE GARDEN. Stavolta ha presentato al Council un progetto cosi’ dettagliato da farla entrare tra i finalisti come “volontaria dell’anno”, riuscendo pure ad avere un piccolo appoggio economico. La pattumiera di Old Street e’ stata ripulita e la londinesina dal police verde ha recintato per bene il giardino (prima c’erano solo delle sbarre), cosi’ da impedire alle persone di passaggio di...

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The Sound of Silence

Da sabato 11 agosto il Big Ben è stato messo a tacere per poter procedere ad un intenso mese di lavori di manutenzione, non solo sui meccanismi del vetusto orologio, ma anche sulla famosa campana, da cui esso prende nome. I celebri rintocchi si potranno udire nuovamente fra sei settimane, una volta che gli ingegneri avranno sistemato gli ingranaggi e restaurato le campane. Era dal 1956 che l’orologio del Parlamento non veniva zittito, e certo questo evento priva Londra di uno dei suoni più caratteristici. La torre dell’orologio, progettata da Charles Barry in stile neo-gotico, è alta 106 metri e presenta su ogni lato un quadrante di 8 metri di diametro. La Great Bell, che scandisce le ore, pesa 13 tonnellate e mezzo e fu realizzata nella Whitechapel Foundry, a Est di Londra, nel 1858. Il Parlamento organizzò una seduta speciale per trovarle un nome appropriato. Si decise alfine di chiamarla “Big Ben” dal soprannome di Sir Benjamin Hall, responsabile dei lavori di installazione. Due mesi dopo l’inaugurazione, avvenuta nel luglio del 1859,la grande campana si crepò. Ma, con flemma tutta britannica, venne deciso semplicemente di voltarla, così che il martello non andasse a colpire la parte danneggiata. E per quasi 150 anni la campana, con crepa e leggende al seguito, è rimasta perfettamente attiva, sottolineando con la sua voce inconfondibile e l’assoluta precisione il fluire inesorabile del tempo....

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Formati Standard

Esiste uno standard internazionale per l’altezza delle maniglie montate su cassetti e armadietti da laboratorio: il mio ginocchio. Quando ero all’universita’ e facevamo le esercitazioni di laboratorio, saresti stato in grado di capire quali laboratori avevo frequentato andando a controllare lo stato delle chiavi di cassetti ed armadietti di laboratorio. Se la maggior parte sono spezzate, significa che ho frequentato quel laboratorio. In fondo mi piace lasciare un segno del mio passaggio… anche sul mio ginocchio. La procedura prevede che il sottoscritto si sieda su sedia da bancone e poi ruoti di 90 gradi per ritrovarsi perpendicolare al bancone stesso e pronto per l’azione, purtroppo la rotazione viene spesso interrotta intorno ai 45 gradi perche’ il ginocchio non centra lo spazio per le gambe ma picchia sulla suddetta maniglia/chiave di armadietto/cassetto. Alcuni dei momenti piu’ commuoventi che la ricerca mi ha regalato avevano a che fare con il mio ginocchio destro. Oggi non fa eccezione. Non botta particolarmente forte ma perfettamente su livido ottenuto sabato. Sabato, dintorni di King’s Cross. Io ed amica siamo in moto, mia moto. Delle due corsie originariamente concepite, tra lavori su un lato e auto parcheggiate sull’altro, ne sopravvivono 1 e 1/3. Fila di macchine procede placida sulla sinistra, io sorpasso beffardo procedendo sul mio 1/3 di corsia a velocita’ “piano” sulla destra (siamo in Inghilterra). Ragazzo decide che e’ stufo di aspettare di...

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Business as usual

Questa parte del blog nasce in omaggio ad un’amica di Luisa: una donna un perchè! In buona sostanza un angolo dei trivia (unimportant or petty matters or details ;useless information) o meglio una risposta a tutte le domande che non vi porrete. Una spiegazione a espressioni o fatti dati talmente per scontati che ormai quasi più nessuno ne sa più l’origine o il perchè sono tali. Insomma qualcosa di essenzialmente futile e talmente inutile da risultare necessario. Quante volte, non importa se a Londra o in qualsiasi parte del mondo, vi sarete imbattuti nell’espressione “business as usual” ? Beh se lo chiedete a google il risultato è solo, dico solo, 62,300,000 (sessantaduemilionitrecentomila) citazioni ( i Beatles si fermano a 48milioni). In fondo a Londra, City o non City, il bisnis è importante: sognarepensarecrearerealizzare non è importante quanto fare bisnis. Tutto fa bisnis: si parla (starparla?) e scrive di bisnis una cifra (a figure?a lot) quello che avanza per il calcio, il resto non so. Bene in altri tempi fa la vita era vieppiù difficile (non che sia facile oggi beninteso) c’era una guerra e Londra veniva bombardata. La mattina seguente ad uno dei bombardamenti la Regina, si questa Regina, si recò di persona nelle zone di Londra più colpite. Vicino ad un’area colma di macerie c’era la bottega di un barbiere di origini italiane che aveva messo il cartello...

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il backpack passenger

Vi ricordate alle medie quando si girava con lo zainetto su una spalla, un po’ di traverso e si credeva che quel tocco di noncuranza ci desse un’aria da duri? C’era una vera e propria linea di demarcazione tra chi portava lo zaino su due spalle (gli sfigati) e chi invece non si sognava nemmeno di infilare tutte e due le braccia negli “spallacci” (i fighi). Ecco, questa moda non deve essere passata da Londra perchè in metropolitana chi ha lo zaino vede bene di piazzarlo stabile stabile su due spalle, in modo da occupare tutto lo spazio disponibile (poco, pochissimo se siete su un treno nelle cosidette “rush hours”). Poi magari, tanto per essere sicuro di non dare troppo fastidio, il portatore di zaino si mette bene in mezzo (lui e tanto di zainetto), nello spazio tra le porte, dove generalmente la gente pigia ancora di più per poter salire (oh no!) o scendere (finalmente!). E per finire, quando è il suo turno di scendere dal treno, il backpack passenger si fa strada ondeggiando tra i poveracci che hanno la sfortuna di trovarsi sul suo cammino e colpendoli senza pieta’ con lo zainetto che si tiene tutto fiero sulle spalle. “Mind the gap, please mind the gap between the train and the platform.” Macchè, Mind the...

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Secret expeditions

Quando si vive in una grande citta’ la tendenza nei confronti delle attrazioni locali e dell’ampia possibilita’ di scelta sulle cose da fare e da vedere e’ generalmente quella di rimandare certe visite al domani, un domani che, a volte, sembra non arrivare mai. Forse e’ pigrizia o forse la presunzione di avere infinito tempo davanti a se’. Di positivo, c’e’ il fatto che, anche a distanza di settimane, mesi, anni, resta sempre qualcosa di nuovo da esperimentare, come un itinerario da correggere o un luogo segreto da ammirare e di cui stupirsi. Molti londinesi d.o.c. sono perfettamente a conoscenza dell’esistenza della casa museo di Sir John Soane, collezionista e architetto, che visse a cavallo tra XVIII e XIX secolo. Pochissimi vi hanno messo piede. Io stessa, per tre anni e mezzo, ho sempre vagamente programmato di andarci, per poi procrastinare senza rimedio. Ma forse, chissa’, ogni cosa ha un suo momento per essere assaporata e ieri pomeriggio i tempi erano finalmente maturi. La casa e’ al numero 13 di Lincoln’s Inn Fields, una delle piazze piu’ antiche di Londra, gia’ esistente in epoca Tudor. Non si fa in tempo a varcare la soglia del vetusto edificio (l’ingresso e’ oltretutto gratuito) che si resta totalmente affascinati dal carattere unico di questa abitazione, rimasta intatta dal lontano 1837. Un po’ casa, un po’ museo, deliziosa ed eclettica, classicheggiante ed eccentrica,...

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Riassunto delle puntate precedenti.

Va beh, i bicchieri per l’acqua erano di plastica e non di vetro. Va beh, ci hanno attaccato un adesivo con su scritto Delegate e non un pass collare con cui girare per il Regent’s College. Va beh, il piccolo portachiavi-ricordo, nella sua raffigurazione di una cabina telefonica inglese, era molto, molto grossolano e più che una cabina sembra un parallelepipedo rosso con delle punte di vernice bianca. Ma non per questo non è stata una figata. In fondo tutte queste cose non avrei dovuto neanche annotarle. Invece Daniel mi ha detto pochi giorni prima: “Ti ho inserito tra i partecipanti alla conferenza di inizio anno del negozio.” “Io? Perchè?” “Perchè hai una certa importanza ormai.” “Ok.” Il megadirettoreextragalattico ci ha salutato tutti all’ingresso della megasala. PowerPoint era pronto ad essere smanettato con obiettivi e strategie per il prossimo anno. Il workbook sul tavolo era provvisto di matita nera con gommino rosa. Durante il break di dieci minuti hanno servito caffè e tè. La camicia a maniche lunghe non l’avevo mai usata prima. Era proprio vero. Era proprio vero che da queste parti vai avanti se lo meriti. Pochi giorni più tardi Daniel mi ha offerto la promozione. Gliel’avevo chiesta settimane prima, ma poi ho avuto altre cose a cui pensare. Tra queste la scheda letteraria del mio romanzo, che, secondo gli ultimi avvistamenti, ha fatto la prima circolazione...

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Life is short, art is forever

In questi giorni, il West End si è trasformato in una galleria all’aperto e le strade e i vicoli di Soho, Piccadilly e Covent Garden sono tappezzate da riproduzioni di famosi dipinti, realizzate da Hewlett Packard e i cui originali si trovano alla National Gallery. L’insolita operazione, denominata The Grand Tour™ (dal viaggio di cultura in voga tra i nobili e gli artisti nel XVIII secolo) si avvale, per chi ha tempo, anche di un sito internet da cui si possono scaricare una mappa interattiva e anche delle tracce audio da riversare nel lettore mp3. Charles Saumarez Smith, direttore della National Gallery, spera che l’iniziativa invogli la gente a visitare gallerie e musei londinesi per ammirare i capolavori in essi conservati. Nel frattempo, qualcuno che non ha avuto problemi a pagare a Christie’s la bella somma di 17.940.000 sterline (26,5 milioni di euro), da oggi potrà sedersi in un lussuoso salotto, magari con un bicchiere di brandy in mano, a rimirare dal comodo divano, le nebbie turchine del Waterloo Bridge dipinto da...

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Panini

Ancora un giorno in ufficio, ancora una pausa pranzo. Di pausa pranzo io mi prendo un’oretta. Minimo. Altrimenti mi sembra di non avere fatto nessuna pausa, solo di essermi nutrito. Adesso lavoro vicinissimo a San Paolo. Che differenza, da Canary Wharf dove ero prima! A Canary Wharf c’era sempre un sacco di vento. Penso che siano i grattacieli, fatti senza tenere conto dei “canali” seguiti abitualmente dal vento; i grattacieli rompono i canali i quali si spezzettano in quelle correnti irregolari e isteriche ben note ai locali. A Francoforte invece non ti fanno costruire il grattacielo se va contro una “Windschneise”, per cui non c’e’ vento. A Canary Wharf sei nel mezzo di moderni edifici, funzionali ma freddi, con piccole aree verdi perse tra il cemento che a me sembrano posticce, come se fossero state messe li’ perche’ qualcuno, a progetto completato, si e’ accorto che mancavano. Adesso e’ diverso, adesso il mio panino me lo mangio passeggiando nel mezzo di un quartiere vibrante di storia. Vado verso San Paolo ed e’ bello sapere che in quel punto una Chiesa e’ esistita dagli albori del Cristianesimo inglese; mi sposto per le viuzze e le piazzette con le loro panchine, e vedo la differenza tra un quartiere freddo e progettato a tavolino e un insieme organico ma variegato, nel quale edifici piu’ moderni (troppi!) si alternano a bellissime facciate in...

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Joy, thou glorious spark of heaven

Inutile aspettare grandi effetti speciali o rutilanti giornate di sole, per me l’estate in terra angla inizia con l’apertura dei Proms, il più grande festival di musica classica al mondo. Prom e’ un’abbreviazione di Promenade Concert, concerti di musica classica di facile ascolto, che un tempo si ascoltavano in piedi, magari in un parco (per questo definiti “da passeggiata”). Sono 112 estati che Londra ospita i Proms, una settantina di concerti in tutto, nella sala ovale che la regina Victoria inauguro’ a memoria del principe Albert, suo defunto consorte. I Proms sono molto popolari, oltre ai posti riservati, i cui biglietti hanno costi vari e vanno acquistati in anticipo, ci sono anche i posti in piedi, nell’arena, come da tradizione, e poiche’ i biglietti sono venduti il giorno stesso del concerto e al prezzo popolare di £7 (6 per le file retrostanti), ci sono lunghe file per aggiudicarsi l’ingresso. Per chi non dovesse riuscire nell’intento, esistono innumerevoli dirette, radiofoniche, televisive ed internettiane, così ci si può permettere di ascoltare un concerto di Handel mentre si cucina, lasciarsi influenzare dalla pompa e circostanza di Elgar mentre si fanno le pulizie oppure rilassarsi con Brahms indossando un pigiama. L’estate angla di solito finisce con The Last Night of the Proms, il concerto finale, eseguito alla Royal Albert Hall e mostrato in diretta su grande schermo nei parchi delle maggiori città del...

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Quando la follia diventa collettiva

Si sa che gli inglesi amano stare in coda. Ovunque ci sono code, ben ordinate e composte. D’altro canto se cosi non fosse, in una citta’ sovrapopolata e caotica come Londra, non si potrebbe sopravvivere. Ma a volte il motivo per cui la gente sta in coda va aldila’ di ogni umana comprensione. E passi l’uscita della collezione di Kate Moss per Topshop: considerando le altissime aspettative le ragazzine esaltate piazzate di fronte alla vetrina dal mattino alle 8, ben 12 ore prima del lancio, potevano anche essere li per rivendere subito dopo gli acquisti su Ebay a prezzo quintuplicato. Passi ancora la nottata di fronte alla catena di supermercati Sainsbury per aggiudicarsi una designer bag vista al braccio di molte star e venduta a sole 5 sterline. Ma io proprio non riesco a capire come un centinaio di futuri psicopatici abbia potuto trascorre 3 giorni fuori dalla libreria Waterstones in Piccadilly Circus. Dico futuri perche’ a 11, 12, 13 anni si puo’ concedere loro il beneficio del dubbio. Ma, aldila’ dell’attenuate, per alcuni, dell’eta’, non riesco proprio a trovare un motivo valido. Punto primo, le copie non andranno esaurite, non si tratta di un’edizione limitata. Punto secondo, nn e’ che avere in mano il libro qualche ora prima degli altri significhi finirlo prima di tutti e rimanere al riparo da indiscrezioni sul finale. Terzo punto, sulla terra inglese...

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Anyone for a Pimm’s? L’estate in Inghilterra

Questa storia del global warming e’ sempre stata intricata: tra scienziati che supportano la teoria ed altri che la negano, qualcuno se non mente non dice la verita’ o tutta verita’. Invece ho una spiegazione di cosa vuol dire global warming in termini molto semplici: molto caldo in Italia e freddo e pioggia quasi tutti i giorni a Londra da ben piu’ di un mese….insomma un global warning che vengano ad evacuare l’isola…uno degli effetti del global warming e’ che questo post sarebbe dovuto comparire il 21 giugno, primo giorno d’estate …e compare solo oggi perche’ la possibilita’ che arrivi l’estate credo sia data come improbabile pure dai bookmakers. In Inghilterra l’ estate non e’ estate senza il Pimm’s o meglio senza Pimm’s cup, ovvero un’istituzione quali la monarchia, i pub e le scommesse o meglio un rito collettivo. Se dietro all’invenzione della bic c’e’ il barone Bich e l’oggetto dalla Francia (vive la France oggi e’ il 14 Luglio) ha conquistato il mondo, se piu’ di recente dietro al Gore-tex c’e’ Robert Gore e di nuovo dagli Stati Uniti il prodotto ha conquistato il mondo, dietro all’estate inglese ci sta il Pimm’s, James Pimm. Ovviamente il Pimm’s a differenza degli altri due prodotti, grazie al puro understatement inglese e nonostante l’impero, e’ rimasto qualcosa di molto locale quasi intimo. Altrettanto prevedibilmente il Pimm’s non poteva altro che essere...

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Gli uomini e il senso pratico

Mattina qualunque di una settimana qualunque intorno alle 7.30am. Piero:”dovremmo anche pensare di tradurre il blog in inglese” Luisa:”non penso che sia una buona idea” Piero:”perche’? sarebbe bello mostrare agli inglesi come li vediamo noi” Luisa:”si si..ma la nostra ironia e’ troppo legata alla nostra cultura, non sara’ facile tradurla”(poi magari se invece di pensare alla traduzione scrivi mezzo post anche tu…). Piero:”Gia’(non convinto)..beh, ma i contenuti multimediali?” Luisa fa finta di non sentire mentre si sistema i capelli con il phon. Magari se non gli si presta attenzione se ne dimentica. Piero:”..I CONTENUTI MULTIMEDIALI?? TIPO VIDEO? sarebbe carino” (nda. Luisa e Piero non possiedono una telecamera. Anzi, a dire il vero non hanno nemmeno la TV…non hanno ancora avuto il tempo di comprarla) Luisa:”Piero, per fare un video ci servirebbe una telecamerina” (ed e’ da 3 giorni che ti chiedo una foto di te stesso da mettere sul blog e non sei stato in grado di fornirmi nemmeno quella…adesso vuoi girare un film sulla nostra vita?) Piero:”Beh…possiamo comprare una webcam da pcworld” ……. quanta...

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animali da museo

Sabato pomeriggio culturale causa pioggia (ovvero: cosa fare quando piove a dirotto da 36 ore e non hai voglia di stare in casa, ma nemmeno di spendere i pochi soldi che ti rimangono trovando riparo in uno centro commerciale). La Tate modern durante il bank holiday weekend ha proposto interessanti eventi e performance che spaziavano dalla musica, al cinema, alle installazioni. Dopo una breve permanenza nella Turbine Hall, diventata teatro di azione di un Dj intento ad incidere su vinile la propria performance di musica elettronica, ho deciso di abbandonare i miei amici ai loro (da me nn condivisi) gusti musicali e di concentrarmi su qualcosa piu’ vicino al mio gusto estetico e forse, piu’ comprensibile ed apprezzabile. E mentre contemplo un quadro, cercando di coglierne le sfumature di significato (che stavo nel contempo leggendo sulla targetta esplicativa che, graziealcielo, accompagna ogni opera) ecco che compare una nuova categoria di abbordatore: l’animale da museo. “Che sensazioni ti suscita quest’opera? Cosa riesci a leggere aldila’ dell’utilizzo della pratica del collage?” “Pardon?” Cerco di prendere tempo e sbirciare meglio il cartellino. L’animale da museo si gira, sposta l’attenzione dal quadro a me e si presenta, mentre io cerco di farfugliare che non conosco bene l’artista e bla bla bla… “E tu che genere di artista sei?” Ecco, ormai l’attenzione e’ definitivamente spostata su di me. Fuggo prima che l’abbordatore professionista cerchi...

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